(Marco Emanuele)
Nessuno può negare che la Cina rappresenti una sfida in vari campi. Ma la sfida non si svolge e non si risolve più nell’arena novecentesca.
Eppure, dentro un mondo in radicale trasformazione, l’Occidente (Stati Uniti in testa), pur mantenendo attivi canali di relazione, continua a ragionare in termini di netta separazione tra sistemi democratici e sistemi autocratici. Mentre, economie docet, l’interrelazione è un fatto.
Interpreti di un mondo che non c’è più, le classi dirigenti occidentali vivono in difesa. Nel condividere la necessità di ri-vitalizzare i sistemi democratici, auto-ingannati da una presunta ‘fine della storia’ che li ha resi protagonisti di una illusoria centralità, ogni sistema ‘fa il suo gioco’. E’ in atto, infatti, una gigantesca ri-composizione dei rapporti di potere.
Vi sono poche evidenze d’ ‘intelligenza geostrategica’ ma si vede in giro molta miopia. Nel ‘nostro’ mondo occidentale, il gioco preferito è immunizzarsi, non rilanciare nuove visioni storiche. Così, lo sanno anche le classi dirigenti, il futuro rischia di essere segnato in negativo.
Per uscire dalla miopia, proponiamo di lavorare a un grande tavolo per la ‘sostenibilità sistemica’. Occorre rilanciare i dialoghi, avere il coraggio della Storia. Il problema non è se i singoli Paesi democratici mantengono relazioni più o meno ampie con Paesi autocratici ma se vi è, ragionando da Occidente, la ‘consapevolezza geostrategica’ che la strada sostenibile è quella di un ‘multi-bi-lateralismo’ realistico. G7 e G20 non funzionano come si vorrebbe mentre i BRICS, tra molte contraddizioni, cercano di consolidarsi in un effettivo coordinamento.
Forse in Occidente dovremmo conoscere, provare ad ascoltare i ‘segni dei tempi’ e avere il coraggio dell’auto-critica. Per essere davvero democratici e credibili agli occhi di un elettorato che subisce la Storia e che legge, nelle classi dirigenti, una pericolosa miopia.
(English version)
No one can deny that China represents a challenge in various fields. But the challenge no longer takes place and is no longer resolved in the twentieth-century arena.
Yet, within a world in radical transformation, the West (United States in the lead), while maintaining active channels of relationship, continues to think in terms of separation between democratic and autocratic systems. While, economics docet, the interrelation is a fact.
Interpreters of a world that no longer exists, the Western ruling classes live on defense. In sharing the need to re-vitalise democratic systems, self-deceived by an alleged ‘end of History’ which has made them protagonists of an illusory centrality, each system ‘plays its own game’. In fact, a gigantic re-composition of power relations is underway.
There is little evidence of ‘geostrategic intelligence’ but there is a lot of shortsightedness around. In ‘our’ Western world, the favorite game is to immunize oneself, not to relaunch new historical visions. Thus, even the ruling classes know, the future risks being negatively marked.
To escape myopia, we propose to work at a large table for ‘systemic sustainability’. We need to relaunch dialogues, have the courage of History. The problem is not whether individual democratic countries maintain more or less extensive relations with autocratic countries but whether there is, reasoning from the West, the ‘geostrategic awareness’ that the sustainable path is that of a realistic ‘multi-bi-lateralism’. The G7 and G20 do not function as we would like while the BRICS, amidst many contradictions, are trying to consolidate themselves into effective coordination.
Perhaps in the West we should know, try to listen to the ‘signs of the times’ and have the courage to self-criticize. To be truly democratic and credible in the eyes of an electorate that is subjected to History and that sees a dangerous myopia in the ruling classes.
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