(Carlo Rebecchi)
Il Consiglio Europeo ha dato il via libera al pacchetto quadriennale di aiuti, del valore di 50 miliardi di euro, per l’Ucraina. La decisione è stata presa in pochi minuti, subito dopo l’inizio del vertice, ma dopo una nottata di contatti frenetici che hanno poi consentito di superare il veto di Viktor Orban. L’intesa, annunciata dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, prevede che l’Ucraina riceverà dall’UE 33 miliardi di euro di prestiti e 17 miliardi di doni. I primi pagamenti saranno effettuati, secondo fonti informate, già tra qualche settimana. Se ne è immediatamente rallegrato il presidente ucraino Zelenski, che da tempo non nascondeva la preoccupazione di doversi ritrovare con le casse dello Stato vuote, anche perché negli Stati Uniti i senatori repubblicani continuano ad ostacolare l’adesione degli aiuti a Kiev decisi dal presidente Biden.
Secondo le informazioni raccolte mentre il vertice è ancora in corso, l’accordo è stato possibile perché Viktor Orban ha rinunciato alla pretesa di una verifica annuale dell’aiuto con diritto di veto da parte di anche un solo solo dei 27 Paesi dell’Unione e ha incassato la promessa che il meccanismo in base al quale l’UE ha ‘congelato’ una ventina di miliardi di euro di finanziamenti europei destinati all’Ungheria verrà rivisto in una maniera “proporzionata ed imparziale”. In altre parole, il “si” di Orban al pacchetto pro Ucraina dovrebbe consentire ad Orban di sperare nello sblocco dei fondi pro Ungheria. Per alcuni una “linea politica” che ricorda quella del leader turco Erdogan.
Non era del resto un mistero che l’Ungheria puntava da tempo a liberare i fondi europei bloccati come sanzione per il cattivo funzionamento delle norme relative al rispetto dello Stato di diritto. Orban ha accusato a più riprese Bruxelles di parzialità e, almeno stando a quanto è stato deciso oggi, le sue critiche sono state almeno in parte ascoltate. Una cosa comunque è certa: la polemica Ue-Orban ha scosso e preoccupato più di un governo e secondo molti osservatori non potrà non avere sviluppi ad opera di chi considera inaccettabili comportamenti ( “ricatti” ?) come quelli di cui è stato protagonista il premier unghereese.
L’irritazione è stata tale che c’era anche chi, nel caso Orban non avesse consentito ai Ventisette di varare all’unanimità l’aiuto all’ Ucraina, aveva fatto capire di essere pronto ad utilizzare l’articolo 7 dei regolamenti europei, quello che prevede il ritiro del diritto di voto a quei Paesi che non fossero più in linea con i principii ispiratori dell’Unione europea. Una misura estrema, però a doppio taglio: secondo alcuni osservatori escludere l’Ungheria dall’Unione potrebbe significare gettarla nelle braccia di Vladimir Putin. Orban è l’unico a non aver rotto i rapporti con il presidente russo dopo l’invasione dell’Ucraina.
La speranza che la situazione possa aprirsi su relazioni più sicure e stabili è stata la molla che ha spinto i negoziatori europei a ricercare e ad accettare il compromesso. I leader europei più attivi sono stati il cancelliere tedesco Scholz, il presidente francese Macron e la premier italiana Giorgia Meloni – il cui partito è nel Parlamento europeo nello stesso gruppo di quello di Orban – che, nelle ultime diciotto ore prima dell’inizio del Consiglio europeo, ha avuto con il premier ungherese tre lunghi colloqui.
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