(Marzia Giglioli)
Uccidere una donna in quanto donna. Dietro ogni femminicidio c’è una serie di ‘fattori di rischio’ che si annidano a livello culturale, sociale ed interpersonale e puntare sull’empatia non basta. Ci sono troppe radici da estirpare. Basterebbe guardare alle immagini della donna e alle sue ‘interpretazioni distorte’ per capire quanto serva elaborare una critica radicale. Capire che ‘l’immagine è gia un ambito sessuato, altrimenti non si coglie la complessità dei rapporti di potere che si generano’, ha scritto Alessandra Gribaldo, docente di antropologia.
‘Il femminismo ha mostrato infatti come il corpo naturale sia già un corpo immaginato e
storicamente connotato, plasmato dai rapporti di potere’. Se il tempo è adesso, e perché niente sia come prima, per cancellare ogni ombra di ‘me too’ si ha davvero bisogno di redenzione per fare posto a un’immagine di donna integra, libera. Guardando alla complessità, serve una re-invenzione concreta.
Una nuova grammatica, declinando il genere non più attraverso la classe, il colore la gerarchia, ma ri-pensare a nuove soggettività in termini di processo e di possibilità.
Serve una riconciliazione definitiva e compiuta.
Questo l’appello forte e profondo che il padre di Giulia ha lanciato ieri al funerale di sua figlia, ennesima vittima di una folle violenza, sapendo trasfomare la sofferenza in una visione di cambiamento perché non ci siano mai più femminicidi. L’appello lo ha rivolto agli uomini, al loro cambiamento, ma anche alla cultura di genere che è negazione di libertà compiute. Serve vincere la ‘mascolinità ostile’, che rappresenta una costellazione cognitiva che continua ad essere presente nelle nostre società e che combina fattori come il desiderio di controllo, di dominio e di differenze che implicano sempre un soggetto dominante che, appena in bilico o in pericolo, può anche uccidere come epilogo tragicamente logico.
Ha ragione il padre di Giulia: ‘Da questa violenza si esce sentendosi tutti coinvolti, anche quando ci si sente tutti assolti’.
Note: Alessandra Gribaldo insegna antropologia culturale all’Università di Modena e Reggio Emilia e lavora sui temi del genere, della riproduzione, della parentela, della violenza.
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