Lo Stato bifronte

Quando lo Stato colpisce le organizzazioni criminali è un segno positivo che occorre valorizzare.

Allo stesso tempo, lo impone un realistico pensiero critico, va detto che è lo stesso Stato a creare le condizioni perché lo sviluppo sia limitato, disuguale tra i territori, addirittura assente.

Lo Stato non passa, continuerà a esistere. Una Politica che voglia distinguersi, che voglia andare oltre le banalità lineari e i cortocircuiti che vediamo ogni giorno, deve ri-pensare lo Stato in senso strategico, in ri-forma, sia guardando all’interno che verso un mondo in radicale e velocissima trasformazione.

La nostra Italia si mostra sostanzialmente divisa. E lo è sotto molti punti di vista e in molti ambiti sensibili: ancora parliamo di questione meridionale e di questione settentrionale, ci accapigliamo sull’autonomia, rincorriamo l’unità. All’interno delle stesse città, tra prospettive di “quindici minuti” e la realtà, le disuguaglianze crescono e i centri si separano progressivamente da periferie di disagio profondo. Certo non mancano le eccellenze e le possibilità (si pensi al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e alle prospettive aperte dalla rivoluzione tecnologica, in particolare dalle tecnologie geospaziali per la mobilità e il governo del territorio) laddove manca, invece e drammaticamente, una visione strategica.

L’arresto del capo mafia di turno fa inevitabilmente notizia. Meno si discute dello Stato bifronte, elefantiaca struttura burocratica, ben lungi dall’essere democratica, che lascia vuoti da riempire. La criminalità s’insinua, feroce interprete di un Welfare State malato che serve a coprire buchi che le istituzioni legali non coprono: quando si discute di omertà delle popolazioni, fenomeno fastidioso che genera protezione dell’illegalità dilagante, dovremmo anche interrogarci su chi, in certe aree del Paese e in alcuni quartieri delle nostre città, permette alla massa degli ultimi di “mettere insieme il pranzo con la cena”.

Se davvero vogliamo sconfiggere l’anti-Stato, peraltro in trasformazione dalla coppola e dalla lupara a ben altri paradigmi, occorre che lo Stato ritorni sotto forma di promotore legale di condizioni di sviluppo (non solo di crescita). Il resto è cronaca banale.

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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