Confini, l’antropologia corrotta dalla politica

(Marzia Giglioli) 

‘Le frontiere e i loro muri sono eretti in modo da apparire senza tempo, come se esistessero da sempre e dovessero durare in eterno’ – scrive Shahram Khosravi –
‘e una volta poste in essere assumono una vita propria’.

Le frontiere producono così nuove ‘frontiere soggettive’ dove la politica dimostra di esserne lo strumento, corrompendo l’antropologia. E si inventano le differenze che vanno combattute, perché, nella stessa invenzione, diventano pericolose.

Un approccio alle frontiere che sia davvero onesto richiederebbe un’indagine politica e intellettuale che sappia davvero, e soprattutto, interrogarsi sul fatto che ‘il confine di fatto e’ un problema di classe che finisce con l’avere il solo scopo di tenere le persone al loro posto’ – scrive ancora Shahram Khosravi – tanto che le categorie ‘indesiderate’ non vengono respinte soltanto al confine, ma anche dopo e in modalità infinite’.

Viviamo in un’epoca di ‘trionfo dei confini’ e, mentre la tecnologia scavalca ogni barriera, si consolidano invece preconcetti e bias, che diventano i nuovi confini tecnologici. Non servono le regole, o comunque non basterebbero. Serve di ritrovare un codice di ‘nuova identità’ che sappia attraversare i confini stessi. Altrimenti ognuno finisce col
rafforzare il proprio, riproponendo schemi già visti e che pensavamo appartenere al passato, senza nessuna altruità.

Shahram Khosravi, iraniano, è professore di Antropologia sociale all’Università di Stoccolma.

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