Per comunità-in-dialogo / For communities-in-dialogue

Il mondo-giungla si nutre d’instabilità e violenza. Certo apprezziamo, e dobbiamo rafforzare, ogni tentativo di raggiungere mediazioni (non compromessi senza visione politica …) per ottenere tregue nelle guerre e/o per regolamentare i grandi rischi come la proliferazione nucleare e il non-governo delle tecnologie della nuova ondata: ma il problema è ben più profondo.

Occorre diventare realisti attraverso il pensiero complesso: se non lavoriamo insieme a de-radicalizzare il mondo-giungla che noi stessi abbiamo creato, tutto sarà sempre precario: soprattutto la pace.

L’umanità, per garantirsi un futuro, deve fare i conti con sé stessa: ed è un percorso doloroso ma assolutamente necessario. Siamo noi, in particolare le classi dirigenti, che, dopo la caduta del muro di Berlino, abbiamo globalizzato le nostre vite con la fretta di entrare nel ‘mondo nuovo’ post-totalitarismo sovietico. Lì, infatti, iniziò la grande trasformazione che oggi mostra passaggi molto delicati.

Ci siamo illusi che bastasse eliminare ogni barriera per generare benessere, giustizia e pace sostanziali e duraturi: non è andata così. Oggi viviamo le conseguenze della grande illusione di allora. È venuto il tempo di risvegliarci.

Ciò che vediamo è anche conseguenza dei gravi errori commessi negli ultimi decenni della nostra Storia. Per questo non vale approcciare il necessario ri-pensamento culturale e strategico a partire dalle reciproche convinzioni e appartenenze: serve innovazione radicale. L’apice del pensiero lineare è il mondo-giungla.

Oggi facciamo i conti con squilibri (si pensi alle disuguaglianze) che sono peggiorati, dentro gli Stati e a livello globale, e che in buona parte derivano da una a-critica ideologia del globalismo, apertura del mondo senza regole adeguate al terzo millennio e senza tenere conto dei rapporti di forza in trasformazione. Progressisti e conservatori, per utilizzare categorie consumate, si ritrovano indifesi di fronte a ciò che accade.

Se non vi è dubbio che occorra difendersi da svariati attori malevoli (statali e non statali), al contempo è decisivo ri-pensare il sistema-mondo, oltre la giungla: nulla è più come conoscevamo e, se non funziona un mondo-sommatoria di sovranismi (più o meno) imperiali, occorre riscrivere – in maniera il più possibile condivisa – gli schemi e le regole di e per un multilateralismo efficace. La legge dell’ognun-per-sé, per sopravvivere nella giungla, non può essere regola per l’umanità.

Le grandi strategie non bastano. Servono processi dal basso di ri-costruzione della fiducia reciproca. La prospettiva concreta, anche attraverso le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale e dalle tecnologie emergenti, è di trasformare le nostre società, sempre più multi-etniche, in comunità-in-dialogo. Non abbiamo bisogno di nuovi dogmi e mantra: servono consapevolezza, volontà, apertura, inclusione e pensiero complesso. Insomma, serve una nuova filosofia della Storia.

(English version) 

The jungle world feeds on instability and violence. Of course, we appreciate and must strengthen every attempt to achieve mediation (not compromises without political vision…) in order to reach truces in wars and/or regulate major risks such as nuclear proliferation and the lack of governance of new wave technologies: but the problem runs much deeper.

We need to become realists through complex thinking: if we do not work together to de-radicalise the jungle world we have created, everything will always be precarious, especially peace.

Humanity, in order to secure its future, must come to terms with itself: this is a painful but absolutely necessary process. It is we, in particular the ruling classes, who, after the fall of the Berlin Wall, globalised our lives in our haste to enter the ‘new world’ after the fall of the post-Soviet totalitarianism. It was there, in fact, that the great transformation began, which is now going through some very delicate stages.

We deluded ourselves into thinking that eliminating all barriers would be enough to generate substantial and lasting prosperity, justice and peace: this has not been the case. Today, we are living with the consequences of the great illusion of that time. The time has come to wake up.

What we see is also a consequence of the serious mistakes made in the last decades of our History. For this reason, it is not enough to approach the necessary cultural and strategic re-thinking from the standpoint of mutual convictions and affiliations: radical innovation is needed. The apex of linear thinking is the jungle world.

Today, we are dealing with imbalances (think of inequalities) that have worsened, both within states and globally, and which largely stem from an uncritical ideology of globalism, an opening up of the world without rules appropriate to the third millennium and without taking into account the changing balance of power. Progressives and conservatives, to use well-worn categories, find themselves defenceless in the face of what is happening.

While there is no doubt that we need to defend ourselves against various malicious actors (state and non-state), it is also crucial to re-think the world system, beyond the jungle: nothing is as we knew it, and if a world made up of (more or less) imperial sovereignties does not work, we need to rewrite – in the most consensual way possible – the rules and regulations of and for effective multilateralism. The law of every man for himself, necessary for survival in the jungle, cannot be the rule for humanity.

Grand strategies are not enough. We need bottom-up processes to rebuild mutual trust. The concrete prospect, including through the opportunities offered by artificial intelligence and emerging technologies, is to transform our increasingly multi-ethnic societies into communities-in-dialogue. We do not need new dogmas and mantras: we need awareness, will, openness, inclusion and complex thinking. In short, we need a new philosophy of History.

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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