Le parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite all’apertura dell’Assemblea Generale dell’ONU chiedono una governance multilaterale efficace. Un nostro commento, secondo complessità
The UN Secretary General’s words at the opening of the UN General Assembly call for effective multilateral governance. Our comment, according to complexity
(by Marco Emanuele)
Che ci piaccia o no, il mondo multipolare è tra noi. Ma l’architettura del sistema internazionale è vecchia, stanca e incapace di cogliere la grande trasformazione, cambio-di-era, nella quale siamo immersi.
Le parole di Guterres all’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sono chiare, inequivocabili, un appello alla responsabilità, tragica presa d’atto di ciò che manca.
Le crescenti separazioni tra sistemi, in molti ambiti, mettono in pericolo la sostenibilità sistemica del mondo e dei mondi, di fatto sacrificando il senso profondo di parole che pronunciamo come ‘mantra’ (consumati): pace, giustizia, benessere, sicurezza. Eppure, di quelle parole abbiamo grande bisogno. Perché la nostra libertà, nell’inter-in-dipendenza di fatto (e non ancora di diritto), si forma nel vincolo che ci tiene insieme.
L’analisi dei conflitti accesi nel mondo, la competizione esasperata per le risorse naturali critiche, la policrisi che ci attraversa, la guerra mondiale ‘a pezzi, la potenza della rivoluzione tecnologica, la crescita delle disuguaglianze, le migrazioni, il progressivo ‘svuotamento’ delle democrazie rappresentative chiederebbero l’investimento, anzitutto culturale, in processi di dialogo: dall’alto e nel profondo.
Servono dialoghi sostanziali, di mediazione e di visione, profondamente politici. Sullo sfondo, adattandola a un terzo millennio che sta progressivamente cancellando i paradigmi novecenteschi (e il pensiero lineare), il sistema internazionale dovrebbe assumere nuove forme, giuridicamente calate nel vincolo dell’inter-in-dipendenza.
Gli appelli evocativi e moraleggianti non bastano più. Occorre tenere insieme, in territorio comune, le sovranità che esistono, e che non possono essere cancellate dal palcoscenico della storia: sarebbe ‘totalitarismo multilaterale’. Forse, prendendo la parola, i leader del mondo dovrebbero fare autocritica: dopo più di trent’anni, il mito della ‘società aperta’ si è rivelato un boomerang. Politicamente parlando, la debolezza del sistema multilaterale fa rima con assenza di politica e di pensiero complesso. Ora serve un cambio di passo, al di là della retorica e delle propagande.
(English version)
Whether we like it or not, the multipolar world is among us. But the architecture of the international system is old, tired and incapable of grasping the great transformation, change-of-era, in which we are immersed.
Guterres’ worlds at the opening of the UN General Assembly are clear, unequivocal, a call to responsibility, a tragic acknowledgement of what is missing.
The growing separations between systems, in many spheres, endanger the systemic sustainability of the world and worlds, effectively sacrificing the profound meaning of words we utter as ‘mantras’ (worn out): peace, justice, well-being, security. And yet, we have great need of those words. Because our freedom, in inter-in-dependence in fact (and not yet in law), is formed in the bond that holds us together.
The analysis of the heated conflicts in the world, the exasperated competition for critical natural resources, the polycrisis that crosses us, the world war ‘in pieces’, the power of the technological revolution, the growth of inequalities, migrations, the progressive ’emptying’ of representative democracies would ask for an investment, first of all cultural, in dialogue processes: from above and deep inside.
Substantial, mediating and visionary, deeply political dialogues are needed. In the background, adapting it to a third millennium that is progressively erasing twentieth-century paradigms (and linear thinking), the international system should take on new forms, legally cast in the bond of inter-dependence.
Evocative and moralising appeals are no longer enough. It is necessary to hold together, in common territory, the sovereignties that exist, and that cannot be erased from the stage of history: that would be ‘multilateral totalitarianism’. Perhaps, taking the floor, the world’s leaders should be self-critical: after more than thirty years, the myth of the ‘open society’ has turned out to be a boomerang. Politically speaking, the weakness of the multilateral system rhymes with an absence of politics and complex thinking. What is needed now is a change of pace, beyond rhetoric and propaganda.