NATO: Trump alza i toni, l’Europa cerca una propria difesa

(Carlo Rebecchi)

“Solo campagna elettorale?”: sono in molti a condividere l’interrogativo scelto dagli analisti dell’ISPI come titolo di una riflessione sull’ affermazione di Donald Trump secondo cui la Russia dovrebbe attaccare quesi paesi della NATO che, a suo giudizio, non spenderebbero a sufficienza per sostenere i costi dell’Alleanza. C’è chi, soprattutto negli Stati Uniti, minimizza – “parole, parole…” – e chi, come il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, definisce quelle frasi perlomeno “sconsiderate”.

Il presidente Joe Biden, che come Trump si sta preparando all’elezione di novembre, ha replicato durissimo, accusando il suo predecessore alla Casa Bianca di “essersi inchinato davanti a Vladimir Putin”. “Io non lo farò mai”, ha aggiunto parlando dopo l’approvazione da parte del Senato della legge che stanzia 61 miliardi di dollari per armi e aiuti all’Ucraina che ora deve però ottenere l’accordo della Camera, dove la maggioranza repubblicana, con Trump sullo sfondo, potrebbe fare muro.

Che in caso di rielezione Trump voglia ridurre le spese Usa a sostegno della NATO, in Europa è dato da tempo per scontato. Ricordano ancora tutti che l’ex presidente si era anche dichiarato pubblicamente fiero, durante il suo mandato, di essere riuscito “a far pagare il conto” a quei Paesi europei che avevano destinato alle spese NATO meno del 2% del prodotto interno lordo: “Un risultato bellissimo”, aveva esultato. Ora molti governi si chiedono: e se le parole di Trump non fossero soltanto demagogia elettorale e lui ci riprovasse?

In ogni caso, a livello istituzionale il problema non è preso alla leggera, anche perché non c’è solo Trump a prendersela con la difesa europea. Anche tra i leader europei ci si sta rendendo conto, soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina e più recentemente con l’attacco di Hamas a Israele, della pochezza e soprattutto della disorganizzazione operativa della difesa europea, dalla quale deriva poi una quasi assenza di politica estera comune dell’Unione. Non è insomma più tempo di lasciare il campo totalmente libero all’ alleato americano, che è disponibile ma poi il conto lo fa pagare.

Chiarissimo il commissario UE Paolo Gentiloni: “Dobbiamo prenderci maggiori responsabilità a livello europeo, il che significa sostanzialmente aumentare le spese per la Difesa: veniamo da due decenni di investimenti bassi in cui la spesa combinata per la Difesa in Europa è cresciuta del 20%, quando nello stesso periodo negli Stati Uniti cresceva del 60%, in Russia triplicava e la Cina la aumentava del 600%”.

E’ una strada, questa, sulla quale sembrano volersi incamminare sul piano industriale – anticipando i tempi lunghi della politica – alcune aziende europee tra cui l’ italiana Leonardo. La quale, secondo il suo amministratore delegato e direttore generale Roberto Cingolani, “deve giocare un ruolo da protagonista nello sviluppo di una strategia comune sui grandi programmi di investimento, agendo “da catalizzatore” per unire le forze a livello europeo, al fine di creare uno spazio comune della Difesa”.

Per far questo, ha affermato Cingolani in una recente intervista a Bloomberg, occorre ridurre la frammentazione degli investimenti sulle molte piattaforme europee (circa una quarantina, contro le otto-dieci degli Stati Uniti) e lavorare alla costituzione di joint ventures su importanti programmi sovranazionali, “allo scopo di restare al centro delle scelte strategiche a livello europeo in particolare per quanto riguarda le alleanze della difesa terrestre, il GCAP (Global Combat Air Programme) e i futuri programmi spaziali”.

(riproduzione autorizzata citando la fonte)

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