Fuoco (finto) sul Pentagono

Il fuoco artificiale sul Pentagono, diffuso in rete, mette dubbi: è così verosimile da apparirci vero. Solo vedere il ‘tempio’ della difesa USA attraversato dal fumo nero evoca ricordi di tempi molto complicati e crea disagio, timore, paura: in ogni caso disinforma, sposta l’attenzione, spiazza.

In tanti scrivono tecnicamente di intelligenza artificiale, molti altri si esercitano sulle questioni etiche e giuridiche. Ma il tema vero, decisivo, è quale pensiero umano occorra avere rispetto a un fenomeno che fa parte delle nostre vite come grande opportunità e come grande rischio: e le due cose, che ci piaccia o no, coesistono.

Il primo passaggio del nostro ragionamento riguarda il fatto che l’intelligenza umana non può separarsi dall’intelligenza artificiale, non foss’altro che la seconda esiste in quanto generata dalla prima. Il secondo punto di riflessione tocca il fatto che, da sempre, il medium tecnologico accompagna l’attività dell’uomo: egli, fin da tempi antichissimi, cerca di aiutarsi per vincere i propri limiti. Il terzo punto è che, se la tecnologia da generata diventa generativa (sempre per nostra mano), urge mettere mano a una regolamentazione in grado di valutare regole chiare e condivise a livello globale: il lavoro è lungo, lo sappiamo, perché le tecnologie ‘disruptive’ sono utilizzate in ambiti sensibili (si pensi alla salute, alla difesa e alle guerre) e necessitano di minerali critici (con il conseguente problema delle catene di approvvigionamento). Insomma, l’IA, in tutte le sue evoluzioni, e le tecnologie ‘disruptive’ sono parte di un dinamico ‘ambiente geostrategico’ (Kissinger docet).

La faccia triste del Pentagono artificialmente in fumo ci mette di fronte alla complessità della rivoluzione tecnologica. Mai neutra, tale rivoluzione ci aiuta anche a costruire il cammino del futuro già presente (meglio sarebbe parlare di ‘futuri’): la grande partita del metaverso, i gemelli digitali, e così via, sono ambienti e reti sempre più necessari per prevenire eventi estremi e per governare città e territori in profonda trasformazione.

Le classi dirigenti devono uscire dalla logica del ‘like’ e capire che la tecnologia sta trasformando la politica, lo Stato, la democrazia, financo l’uomo. Gli intellettuali devono accompagnare un processo di metamorfosi nel cambio di era che l’umanità e il pianeta stanno vivendo.

Si tratta di un grande lavoro, non più eludibile. Mentre il Pentagono non brucia, ciò che manca è la capacità di immaginare scenari complessi e domandarci, nei prossimi decenni, chi saremo diventati.

 

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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