COP28 e la giustizia climatica / COP28 and climate justice

(Marzia Giglioli)

Vertice Dubai, un fondo per i Paesi più colpiti. Ma la vera partita è la giustizia climatica

Il mondo è indietro nell’impegno sul clima e la temperatura del pianeta continua a salire. Tra scetticismo e speranze si svolgono i lavori della Conferenza sul clima COP28, a Dubai fino al 12 dicembre. Nel giorno di apertura, un primo passo c’è stato. I Paesi hanno concordato i dettagli dell’accordo per un fondo in caso di calamità per aiutare le nazioni che si trovano a dover affrontare i danni causati dalla crisi climatica: l’accordo ha suscitato una standing ovation da parte dei delegati presenti. I prossimi giorni dimostreranno se si tratterà di un vertice davvero diverso dai precedenti.

Al centro dei lavori c’è ‘la misura’ di quanto hanno realizzato i Paesi per ridurre i combustibili fossili e quali progressi siano stati compiuti verso l’aumento delle fonti rinnovabili per contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi.

I Paesi più colpiti dal climate change arrivano a Dubai con un bagaglio di delusioni e di urgenze che non accettano ulteriori rinvii. I Paesi ritenuti più responsabili dovranno a loro volta trovare una nuova coscienza planetaria e un’azione più incisiva. Qualche giorno fa, il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha detto che “i leader devono interrompere il ciclo mortale del riscaldamento del pianeta” perché “senza cambiare rotta, ci stiamo dirigendo verso un disastroso aumento della temperatura di tre gradi centigradi entro la fine del secolo”. Il che vuol dire conseguenze disastrose per tutto il pianeta ed eventi meteorologici estremi. USA e Cina, da parte loro, tornano a parlare di riduzione delle emissioni e di rinnovabili, ma i piani sono poco chiari.

E’ di oggi la notizia che gli USA avrebbero segnato quest’anno il record di produzione di gas e petrolio. Gli occhi sono ovviamente puntati sull’agenda che vorranno darsi Washington e Pechino, due Paesi che insieme producono il 40% dei gas serra. A Dubai i protagonisti sono loro, i due inviati speciali per il clima John Kerry e Xie Zhenhua (assenti i rispettivi presidenti Biden e Xi).

Intanto, sul fronte del carbone c’è l’India che vuole triplicarne la produzione. Più disponibili a trattare sul fronte petrolifero le nazioni del Golfo che, però, difendono i loro interessi. Tra polemiche e conflitti di interesse ogni Paese fa il suo gioco, complice anche il quadro internazionale difficile ( l’Ucraina e il Medio Oriente).

L’ Unione Europea, da parte sua, porta avanti la bandiera delle rinnovabili ma ha davanti a sé il difficile cammino di una eliminazione delle fonti fossili che inevitabilmente dovrà essere graduale per i conseguenti contraccolpi economici.

Tra interessi incrociati e contrastanti c’è anche (e soprattutto) il rischio di una rottura tra l’Occidente ed i Paesi del sud del mondo.

Al di là degli impegni che saranno dichiarati dai Grandi (attesi gli interventi l’1 e il 2 dicembre), anche l’equa rappresentanza e i finanziamenti per le comunità più vulnerabili serviranno a misurare il successo della conferenza di Dubai.

Le parole chiave di Cop 28 inchiodano tutti alla giustizia climatica e all’inclusione, valori condivisi in teoria ma che trovano troppe interpretazioni e agende diverse. Tra 12 giorni si saprà se il ‘clima’ davvero potrà cambiare.

Questi i punti focali del vertice: accelerare la transizione energetica;
definire i finanziamenti per il clima; porre la natura, le persone, la vita e i mezzi di sussistenza al centro dell’azione per il clima; porre la piena inclusività alla base di tutte le iniziative.

(English version)

Dubai Summit, a fund for the most affected countries. But the real game is climate justice.

The world is behind in its climate efforts and the planet’s temperature continues to rise. Between skepticism and hope, the work of the COP28 climate conference is taking place, in Dubai until 12 December. On the opening day, a first step was taken. The countries agreed on the details of the deal for a disaster fund to help nations facing damage caused by the climate crisis: the deal drew a standing ovation from delegates in attendance. The next few days will demonstrate whether this will be a truly different summit from previous ones.

At the center of the work is ‘measurement’ of how much countries have achieved to reduce fossil fuels and what progress has been made towards increasing renewable sources to contain the increase in global temperature within 1.5 degrees.

The countries most affected by climate change arrive in Dubai with a baggage of disappointments and urgencies that do not accept further postponements. The countries deemed most responsible will in turn have to find a new planetary conscience and more incisive action. A few days ago, the UN Secretary General, Antonio Guterres, said that “leaders must break the deadly cycle of global warming” because “without changing course, we are heading towards a disastrous temperature rise of three degrees centigrade by the end of the century”. Which means disastrous consequences for the entire planet and extreme weather events. The USA and China, for their part, are once again talking about reducing emissions and renewables, but the plans are unclear.

Today’s news broke that the USA would have set a record for gas and oil production this year. All eyes are obviously on the agenda that Washington and Beijing want to set, two countries that together produce 40% of greenhouse gases. In Dubai, the protagonists are the two special envoys for the climate John Kerry and Xie Zhenhua (the respective presidents Biden and Xi are absent).

Meanwhile, on the coal front, India wants to triple its production. The Gulf nations are more willing to negotiate on the oil front, although they defend their interests. Between controversies and conflicts of interest, each country plays its own game, also thanks to the difficult international situation (Ukraine and the Middle East).

The European Union, for its part, carries forward the banner of renewables but has the difficult path ahead of it of eliminating fossil fuels which will inevitably have to be gradual due to the consequent economic repercussions.

Between intersecting and conflicting interests there is also (and above all) the risk of a rupture between the West and the countries of the southern hemisphere.

Beyond the commitments that will be declared by the ‘Big(s)’ (speakers are expected on 1 and 2 December), fair representation and funding for the most vulnerable communities will also serve to measure the success of the Dubai conference.

The key words of Cop 28 make responsible everyone to climate justice and inclusion, values shared in theory but which find too many different interpretations and agendas. In 12 days we will know if the ‘climate’ can really change.

These are the focal points of the summit: accelerating the energy transition; defining climate finance; placing nature, people, lives and livelihoods at the center of climate action; place full inclusiveness at the basis of all initiatives.

(riproduzione autorizzata citando la fonte – reproduction authorized citing the source)

 

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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