Non mi sono mai appassionato al gioco del “quanto era bella la Prima Repubblica”, più che giustificato, intendiamoci, dalla mediocrità del dopo 1989; questo, anche perché dobbiamo riconoscere che certi paletti posti dalla contrapposizione Est/Ovest e dalla Guerra Fredda all’affermazione della politica demagogica e del populismo disfattista, certo facilitavano il lavoro dei partiti ideologici di allora e della classe dirigente che ha traghettato l’Italia nel dopo-Muro di Berlino.
La conventio ad excludendum nei confronti del comunismo da una parte e lo spettro della dittatura fascista, ancora ben presente, dall’altra, impedivano derive demagogiche, quanto meno in ambito parlamentare. Il cappello Atlantista sulla politica nazionale sbarrava la strada a pericolose derive, impedite anche dalla mancanza di alternative al gioco bipolare Usa/URSS.
Con tangentopoli e con le stragi di mafia a livello strettamente interno e con le Torri Gemelle, a livello globale, la politica italiana, sia interna che internazionale, difficilmente distinguibili e separabili fino ai primi anni ‘90, come afferma Marco Emanuele (Italia ? Urge un pensiero strategico), ha preso una strada diversa. Il problema è che le classi dirigenti partitiche non se ne sono accorte, o meglio, hanno finto di non accorgersene e hanno continuato a sollazzarsi esclusivamente con i giochi tra fazioni, in una logica di individualistica affermazione, corroborata dall’avvento dei partiti mediatico-personali di massa, che hanno favorito l’avvento di leadership, basate sulla contraffazione del carisma, per dirla con Luciano Cavalli e circondate da stuoli di cortigiani.
Il tutto, con un risultato distruttivo: quello di aver trasformato i partiti in un inutile orpello, commissariabile dalla tecnocrazia, nel momento delle scelte strategiche.
In questo modo, ormai, la gestione dello Stato, i Governi, sono diventati a-democratici, essendosi innescato un meccanismo di doppia delega: quella dei cittadini, attraverso le elezioni, ai rappresentanti in Parlamento e quella dei Partiti a soggetti terzi, in grado di Governare in loro vece, al momento delle scelte strategiche.
Il risultato è una sempre maggior lontananza dei Governi e, soprattutto, del Parlamento dal consenso e dalla realtà quotidiana.
Quello a cui abbiamo assistito in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, in questi giorni, è esattamente il risultato di una “tribalizzazione” dei partiti e del narcisistico gioco dei leader; un triste gioco a somma zero, in cui alla affermazione dell’uno, corrisponde la negazione dell’altro, che, come epilogo, si è trasformato in un chicken game a distruzione reciproca.
Adesso la domanda è: come si sposa tutto questo con la necessità di leggere ed interpretare i tempi e le nuove sfide? Non si tratta solo di uscire dalla crisi pandemica e di gestire le risorse del PNRR, ma di agire da scacchisti, anche di medio-bassa capacità e vedere almeno tre mosse avanti.
Basta limitarsi a banali constatazioni per comprendere certe inadeguatezze: come Italia siamo inseriti in uno scenario multipolare in cui stanno affiorando potenze con idee diverse e contrastanti di Ordine Mondiale. L’Idea di assetto Statuale/Continentale viene progressivamente superata da quella di Ordine Regionale. La tecnologia digitale ed il web stanno trasformando l’idea di tempo e di spazio e influendo pesantemente sulla comunicazione e sull’informazione a livello mondiale, nonchè sulla formazione culturale delle masse. Si moltiplicano i gruppi di interesse ed i centri decisionali, divenendo tanto incisivi quanto indefiniti nei contorni.
Trasformazioni, queste, che, o si governano, o si subiscono o, ancora, che possono essere governate da forze destabilizzanti lo scarso ordine esistente, in una logica di “sovversione mondiale” e non solo nazionale. E’ sempre più centrale il concetto di “Sicurezza”, che deve essere ridefinito, ma che, intanto, richiede una capacità di visione, una consapevolezza dello scenario di riferimento, per leggerne le minacce e per fronteggiarne i rischi a livello globale, ma soprattutto, nazionale. Ed è proprio qui, su questo punto di analisi, che si percepisce la mancanza di una classe dirigente vigile e consapevole, che sappia vedere cosa potrà essere l’Italia fra dieci anni; una dirigenza politica – e non solo – che sappia guidare e non farsi guidare dai sondaggi, dai microfoni e dai social.
Non resta che rimboccarsi le mani e cercare di offrire un modesto contributo……