(Carlo Rebecchi)
Cominciato con un fulmineo blitz (poi fallito) su Kiev, l’invasione della Russia contro l’Ucraina è diventata in due anni una statica “guerra di trincea”. In quello cioè che gli esperti definiscono un “blocco tattico” dovuto al fatto che nessuno dei due belligeranti ha abbastanza soldati, armi e munizioni per imporsi sull’avversario. La guerra, al suo 24° mese, si combatte ora soprattutto con l’artiglieria, a colpi di obice. La logica vorrebbe che vincesse chi ne spara di più e, al riguardo, i numeri parlano chiaro: per ogni proiettile di obice sparato dagli ucraini i russi ne sparano mediamente una decina. Gli esperti militari pensano che il rapporto di forze non muterà sostanzialmente fino verso la metà del 2025. Tra 12/13 mesi i russi potrebbero trovarsi a corto di munizioni, mentre agli ucraini potrebbero invece arrivare le munizioni che l’industria bellica occidentale sta cominciando a produrre a ritmo elevato.
E’ facile immaginare che Il 24 febbraio, secondo anniversario dell’ attacco russo, lo “zar” Vladimir Putin e il presidente Volodymyr Zelensky guarderanno le carte del campo di battaglia come fossero due giocatori di scacchi. Sicuro di vincere il primo. Impegnato a rassicurare i suoi soldati e il suo popolo Zelensky, perché – come ha dichiarato nelle ultime ore – “alla fine Putin perderà, la Russia sarà sconfitta”. Non sono prevedibili nell’immediato battaglie temerarie, come quelle di Bakhmut o Zaporizhia, utili per il morale dei soldati ucraini, ma nelle quali sono morti troppi soldati. Sta ripartendo in questi giorni una guerra di resistenza. L’esempio più fresco è stato la ritirata di Avdiivka, il 16 febbraio. Tenerla era una sfida ai russi, ma il prezzo da pagare era troppo alto. “Ho chiesto ai soldati di ritirarsi “per salvare le vite e la salute dei soldati”, ha affermato Zelensky.
“Siamo passati da un’azione offensiva a un’operazione difensiva” ha spiegato il nuovo comandante in capo dell’esercito di Kiev, il generale Aleksander Syrsky. Continuare come nei primi due anni era del resto impossibile. Anche la controffensiva cominciata con tanto entusiasmo dagli ucraini in autunno si è presto fermata. Tutta la linea del fronte è stata blindata, e per i carri armati ucraini è stato impossibile avanzare. Droni da ricognizione e satelliti permettono di controllare ogni movimento, al minimo assembramento di uomini o mezzi colpiscono. E poi, ci sono mine dappertutto: fino a quattro o cinque ordigni per metro quadrato, per una profondità anche di una ventina di chilometri. I soldati, al fronte da quasi due anni, meriterebbero avvicendamenti, ma la legge che dovrebbe permettere una indispensabile nuova chiamata alle armi tarda, per evitare di aggravare il malessere sociale.
E poi ci sono i morti – 70.000 – e i feriti, circa 120.000. A fronte di 315.000 morti e feriti russi.
Ora, per l’Ucraina la priorità è ricostruire la capacità offensiva tenendo conto della fragilità delle componenti di partenza. L’obiettivo, ribadisce Zelensky, è la riconquista delle zone occupate dai russi fin dal 2014, che costituiscono il 18 per cento del territorio ucraino. Dato l’insieme delle condizioni del momento, il 2024 sarà un anno difficile. Due esperti del Royal United Service Institute britannico, Jack Walling e Nick Reynolds, hanno stimato che per mantenere l’attuale ritmo di attacchi dell’artiglieria i russi hanno bisogno di sei milioni di proiettili per obici l’anno. La capacità di produzione russa è di tre milioni, la quantità restante viene dai depositi e in parte è e sarà fornita quasi certamente dalla Corea del Nord, senza il cui supporto nella seconda metà del 2025 la Russia potrebbe essere a corto di munizioni.
Parallelamente, negli stessi tempi l’Ucraina potrebbe cominciare a pensare ad iniziative non solo di difesa ma anche offensive. Tra un anno, infatti, la capacità delle aziende occidentali di produrre le munizioni che oggi mancano all’Ucraina dovrebbe corrispondere ai bisogni, in forte ripresa dopo la fase interlocutoria e organizzativa degli ultimi due anni. “Per Kiev, l’anno più difficile, forse decisivo, sarà questo che comincia il 26 febbraio, il terzo di guerra” hanno spiegato al quotidiano parigino “Le Monde” Walling e Reynolds. Un anno cominciato con la difficoltà di ottenere dagli “amici” ed alleati europei parte degli aiuti promessi.
Soltanto il primo febbraio, con settimane di ritardo, l’Ucraina ha ricevuto i 50 milioni di euro di aiuti dell’Unione europea. La causa? L’ungherese Viktor Orban ha dato il via libera soltando dopo aver ottenuto una serie di concessioni finanziarie e normative a favore dell’Ungheria. Quanto ai 60 milioni di dollari promessi dal presidente Biden, a bloccarli è tutt’ora, alla Camera dei rappresentanti, l’opposizione del partito repubblicano, su richiesta di Donald Trump. “Dal primo gennaio non riceviamo dagli Stati Uniti più nemmeno un proiettile” dicono a Kiev, terrorizzati all’idea che Trump possa essere rieletto alla Casa Bianca. In questa ipotesi, per consentire alla Nato di continuare il sostegno allUcraina, l’Istituto Kiel ha calcolato che gli europei dovrebbero raddoppiare il loro apporto.