Towards a politically sustainable world

The geostrategic debate needs to be de-dogmatised. At a time in history when the accentuation of separations seems to prevail in international relations, new discourses must be imagined and new paths must be constructed.

It seems impossible, due to the war in Ukraine that again divides the world into blocs, to return to dialogue. In fact, something is broken and, with critical and complex thinking, we need to help rebuild it.

Is it ever possible that certain reflections can only take place from an antagonistic point of view? The perspective evoked yesterday in Kazakhstan by Pope Francis, that everyone should sit at the table of dialogue, is of particular interest to us. The Holy Father was right to evoke a new ‘spirit of Helsinki’.

The dominant thought is a-dialogical and a-political. Certainly, while any form of war is always to be condemned, it is necessary – even if it is not easy – to sit at the strategic table and place negotiation, the general interest, at the centre of geostrategic discussions. Clearly, to do this (in order to de-dogmatise the geostrategic debate), it is necessary to relativise particular (national) interests without demeaning or denying them.

It is necessary, first of all, to know the worlds of reference. The big issues before us, think of the one between China and Taiwan, are the result of stratifications that must be taken into account in complex negotiations. The acceleration on military and linear operations, in a competition without ‘cooperative breath’, can only worsen the situation: what sense does it make to ‘reclassify’ China as an ‘enemy’ from the status of ‘strategic competitor’?

Some may say that the insistence on the model we continue to adopt also, if not mainly, concerns the big game of raw materials and technological competition. This is certainly true but, we ask ourselves, is it not more important to look at the overall, complex, political sustainability of the world ? Mediations, negotiations, visions are urgently needed. There is an urgent need for a rethought and refounded politics.

Italian version

Occorre de-dogmatizzare il dibattito geostrategico. In un tempo storico in cui l’accentuazione delle separazioni sembra prevalere nelle relazioni internazionali, nuovi discorsi vanno immaginati e nuovi percorsi vanno costruiti.

Sembra impossibile, a causa della guerra in Ucraina che divide nuovamente il mondo in blocchi, ritornare a dialogare. In effetti qualcosa si è rotto e, con un pensiero critico e complesso, occorre contribuire a ricostruirlo.

E’ mai possibile che certe riflessioni non possano che avvenire in chiave antagonistica ? La prospettiva evocata ieri in Kazakhstan da Papa Francesco, che tutti debbano sedersi al tavolo del dialogo, ci interessa particolarmente interessante. Ha fatto bene il Santo Padre a evocare un nuovo “spirito di Helsinki”.

Il pensiero dominante è a-dialogico e a-politico. Certo, se ogni forma di guerra è sempre da condannare, occorre – anche se non è facile – sedersi al tavolo strategico e porre il negoziato, l’interesse generale, al centro delle discussioni geostrategiche. E’ chiaro che, per fare questo (al fine di de-dogmatizzare il dibattito geostrategico), è necessario relativizzare gli interessi particolari (nazionali) senza umiliarli o negarli.

Occorre, anzitutto, conoscere i mondi di riferimento. Le grandi questioni che abbiamo di fronte, si pensi a quella tra la Cina e Taiwan, sono frutto di stratificazioni che vanno tenute in conto in negoziazioni complesse. L’accelerazione su operazioni militari e lineari, in una competizione senza “respiro cooperativo”, non possono che peggiorare la situazione: che senso ha “riclassificare” la Cina come “nemico” dallo status di “competitore strategico” ?

Qualcuno potrà dire che l’insistenza sul modello che continuiamo ad adottare riguarda anche, se non soprattutto, la grande partita delle materie prime e la competizione tecnologica. Ciò è certamente vero ma, ci domandiamo: non è più importante guardare alla sostenibilità complessiva, complessa, politica del mondo ? Urgono mediazioni, negoziati, visioni. Urge il ritorno di una politica ripensata e rifondata.

 

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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