Taiwan: chiuse le urne, prime scintille con Pechino / Taiwan: polls closed, first sparks with Beijing

(Carlo Rebecchi)

Dopo l’elezione a presidente di Taiwan del leader del partito indipendentista Lai Ching-te, gli osservatori internazionali sono concordi nel prevedere “tensioni crescenti” e “relazioni burrascose” tra Taiwan, la Cina e gli Stati Uniti. Lai Ching-te, 64 anni, vicepresidente uscente, che assumerà ufficialmente il nuovo incarico in maggio, ha portato il partito indipendentista al terzo successo elettorale consecutivo. E’ stato eletto con il 40,01 per cento dei voti davanti Hou Yu-Ih, candidato del Kuomintang, il partito che sostiene l’opportunità di un dialogo con la Cina, che ha ottenuto il 33,2 per cento. Uno schiaffo per la Cina che, come affermato ufficialmente dal presidente Xi Jinping, considera la riunificazione con Taiwan “una storica inevitabilità”.
Subito dopo il voto, le prime scintille. Il presidente Lai ha dichiarato, riferendosi alla Cina, che il popolo di Taiwan ha “resistito agli sforzi delle forze esterne per influire sulla decisione taiwanese”. “Taiwan ha il diritto di scegliere il proprio presidente. Siamo determinati a proteggere Taiwan dalle continue minacce ed intimidazioni della Cina” ha poi aggiunto, precisando comunque che “la politica di scambi e cooperazione con la Cina continuerà”. La quale Cina ha replicato a muso duro che si opporrà “fermamente alle attività separatiste che vogliono l’indipendenza di Taiwan e a ogni ingerenza straniera”. Successivamente il portavoce del ministro della difesa ha indicato che “l’esercito del popolo mantiene un’ alta vigilanza e prenderà tutte le misure necessarie per schiacciare con fermezza i tentativi di ‘indipendenza di Taiwan’ “.
Gli Stati Uniti e con loro l’Occidente nel suo insieme si sono felicitati con Lai Ching-te, ma stando attenti a non irritare le autorità di Pechino. Lo ha fatto per primo il presidente Usa Joe Biden, il quale ha affermato che gli Stati Uniti “non sostengono l’indipendenza di Taiwan”, anche se il loro contributo alla sicurezza militare dell’isola è importante. Gli Usa non riconoscono Taiwan come Stato, per l’America il legittimo rappresentante della Cina è il governo di Pechino. I rapporti tra i due Paesi, molto alti all’inizio del Duemila, hanno attraversato negli ultimi anni momenti di tensione. Il tentativo dei presidenti Biden e Xi Jinping, che si sono incontrati in California nel novembre scorso, non ha dato i risultati sperati da entrambi i leader anche a causa delle tensioni sugli aiuti militari statunitensi a Taiwan.
Cina e Stati Uniti, ha osservato il New York Times, hanno trasformato Taiwan in un “test di sensibilità e visioni concorrenti, per Pechino l’isola è un residuo della sua guerra civile in cui gli Stati Uniti non hanno alcun diritto di intromettersi. Per Washingon è la prima linea di difesa per la stabilità globale, una democrazia di 23 milioni di persone e la fabbrica di microprocessori per il mondo intero”. Trattandosi delle due maggiori potenze al mondo, la posta in gioco è altissima. E a Washington non si nasconde una certa preoccupazione per le conseguenze che potrebbero derivare dall’arrivo alla presidenza a Taipei di un leader, Lai Ching-Te, noto per un ‘franc parler” molto distante dallo stile di linguaggio ovattato di Xi Jinping.

(English version) 

After the election of the leader of the independence party Lai Ching-te as president of Taiwan, international observers agree in predicting “growing tensions” and “stormy relations” between Taiwan, China and the United States. Lai Ching-te, 64 years old, outgoing vice president, who will officially take up his new role in May, led the pro-independence party to its third consecutive electoral success. He was elected with 40.01 percent of the votes ahead of Hou Yu-Ih, candidate of the Kuomintang, the party that supports the opportunity for dialogue with China, who obtained 33.2 percent. A slap in the face for China which, as officially stated by President Xi Jinping, considers reunification with Taiwan “a historic inevitability”. Immediately after the vote, the first sparks. President Lai said, referring to China, that the people of Taiwan have “resisted efforts by external forces to influence Taiwan’s decision”. “Taiwan has the right to choose its own president. We are determined to protect Taiwan from China’s continuous threats and intimidation”, he added, specifying however that “the policy of exchanges and cooperation with China will continue”. China responded with a hard face that it will “firmly oppose separatist activities that seek Taiwan’s independence and any foreign interference”. Subsequently, the defense minister’s spokesperson indicated that “the People’s Army maintains high vigilance and will take all necessary measures to firmly crush the attempts at ‘Taiwan independence’. “ The United States and with them the West as a whole congratulated Lai Ching-te, but were careful not to irritate the authorities in Beijing. US President Joe Biden did it first, stating that the United States “does not support the independence of Taiwan”, even if their contribution to the military security of the island is important. The USA does not recognize Taiwan as a state, for America the legitimate representative of China is the government in Beijing. Relations between the two countries, which were very good at the beginning of the 2000s, have gone through moments of tension in recent years. The attempt by presidents Biden and Xi Jinping, who met in California last November, did not give the results hoped for by both leaders also due to tensions over US military aid to Taiwan. China and the United States, the New York Times noted, have turned Taiwan into a “test of sensitivities and competing visions, for Beijing the island is a remnant of its civil war in which the United States has no right to interfere. For Washington it is the first line of defense for global stability, a democracy of 23 million people and the microprocessor factory for the entire world.” As these are the two major powers in the world, the stakes are very high. And in Washington there is no hiding a certain concern for the consequences that could arise from the arrival as president in Taipei of a leader, Lai Ching-Te, known for a ‘franc parler’ very distant from Xi Jinping’s style of muffled language.

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