Il rapporto tra Stato burocratico e complessità è insostenibile. Le dinamiche storiche che impattano nel vivo delle comunità umane devono confrontarsi con la linearità soffocante dello Stato burocratico: altra cosa è la burocrazia, ciò che costituisce l’architettura istituzionale dello Stato.
Lo Stato burocratico è una costruzione “monstre”. Esso, pur in regimi democratici, rappresenta l’esasperazione radicalizzata dello Stato che, orfano dei propri confini (i fenomeni transnazionali, si pensi alle migrazioni “costrette” e alla rivoluzione tecnologica, rendono i confini anti-storici), cerca una nuova legittimazione radicalizzandosi in procedure che negano l’essenza stessa, e complessa, della realtà.
Lo Stato burocratico è sordo ai richiami della storia e, nel radicalizzarsi, diventa sempre più auto-referenziale. E’ lo Stato che si esaspera in assenza di politica, la capacità di ri-flettersi nei processi storici e di trovare sempre nuove forme di mediazione e di azione geostrategica in senso creativo e complesso. Lo Stato burocratico manca d’intelligenza politica.
Lo Stato burocratico diventa vittima di se stesso e mette le regole, sempre più stringenti, prima della cura e della salvaguardia della vita umana. Si tratta di un “monstre” che rifiuta la fluidità del tempo che viviamo e che procede per separazioni, adottando la tattica dell’o/o in luogo della strategia dell’ e/e.
La critica allo Stato burocratico deve muovere di pari passo con la costruzione dello Stato democratico con al centro il pensiero complesso. A nulla serve porsi antagonisticamente contro lo Stato burocratico perché l’unico risultato possibile è di rafforzarlo, permettendo che si radicalizzi ancora di più. E’ venuto il tempo di cambiare via.
(English version)
The relationship between the bureaucratic State and complexity is untenable. The historical dynamics that impact human communities must confront the suffocating linearity of the bureaucratic State: bureaucracy, which constitutes the institutional architecture of the state, is another matter.
The bureaucratic State is a ‘monstrous’ construction. It, even in democratic regimes, represents the radicalised exasperation of the State which, orphaned of its borders (transnational phenomena, think of ‘forced’ migrations and the technological revolution, make borders anti-historical), seeks a new legitimisation by radicalising itself in procedures that deny the very essence, and complex, of reality.
The bureaucratic State is deaf to the calls of history and, in radicalising itself, becomes increasingly self-referential. It is the State that exasperates itself in the absence of politics, the ability to re-frame itself in historical processes and to always find new forms of mediation and geostrategic action in a creative and complex sense. The bureaucratic State lacks political intelligence.
The bureaucratic State becomes a victim of itself and puts rules, ever more stringent, before the care and protection of human life. It is a ‘monstre’ that rejects the fluidity of the times we live in and proceeds by separations.
The critique of the bureaucratic State must go hand in hand with the construction of the democratic State with complex thinking at its centre. There is no point in antagonising the bureaucratic State because the only possible result is to strengthen it, allowing it to become even more radicalised. The time has come to change course.