(di Maria Eva Pedrerol)
Da nord a sud e dalle isole, le proteste dei residenti lanciano l’allarme sull’urgenza di un approccio più complesso al turismo.
I residenti delle zone più turistiche della Spagna sono sul piede di guerra. Da Barcellona a Malaga, dalle Canarie a Mallorca, dilagano le proteste contro i milioni di turisti che arrivano nel Paese, uno dei più visitati al mondo. Ma quando è troppo, è troppo. Caro affitti, rumore, mancanza di decoro hanno fatto infuriare molti spagnoli. E’ un primo segnale sull’urgenza di ripensare alle strategie per il turismo.
“Il turismo porta soldi e più posti di lavoro, ma anche inquinamento, problema dell’acqua, rumore, degrado, più sporcizia e uso inadeguato delle risorse naturali”, spiega Maria Teresa M., vissuta sempre nel capoluogo catalano. E poi “qui a Barcellona c’è il tema dei molti appartamenti unicamente turistici, portando a prezzi astronomici che danneggiano i giovani”, aggiunge. Anche per Silvia C. il problema non è tanto il turismo quanto la sua massificazione. “Ci stanno cacciando dalla città. Appartamenti turistici ovunque”, racconta Silvia, “non facilita la creazione di grandi progetti ludici o sportivi” e inoltre “stanno uccidendo la nostra cultura” (catalana). Xavier M. dice a sua volta che “dal punto di vista dei barcellonesi, che si sentono sempre più fuori posto, la città sembra un parco tematico”. Da Mallorca, Carmen P. sottolinea come “la situazione sia molto grave. Quasi tutti i giorni ci sono manifestazioni al grido “turisti go home” e gli isolani – afferma – non trovano più le case per loro e cominciano a dover lasciare Palma o addirittura l’isola”.
E cosi, nello scorso weekend, cantando “turisti go home”, migliaia di barcellonesi arrabbiatissimi, armati di pistole di plastica colorate, hanno cominciato a spruzzare dell’acqua sui turisti che pranzavano nei ristoranti de “Las Ramblas”, la famosa via nel centro della movida catalana. Non era mai successo. Pochi giorni prima, anche a Malaga, la bella città andalusa sulle sponde del Mediterraneo, migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro gli effetti negativi del turismo di massa. “Malaga per vivere, non per sopravvivere” è stato il motto della manifestazione organizzata dal Sindacato di Inquiline e Inquilini, scriveva El Pais. Da anni, la città andalusa sta vivendo un’impennata dei prezzi delle case, in vendita o in affitti, senza precedenti. Le stesse proteste si sono verificate a Cadice, vicino al Portogallo, città che ha perso un terzo dei suoi abitanti negli ultimi trent’anni.
I primi a scendere in strada sono stati gli abitanti delle isole. Nel mese di aprile, migliaia di persone hanno manifestato in tutto l’Arcipelago delle Canarie, in una protesta che la stessa stampa spagnola ha considerato “storica”. I manifestanti hanno chiesto di limitare uno sviluppo turistico incontrollato che danneggia sia l’ambiente che i residenti. Un mese dopo è stato la volta di Mallorca. Alla fine di maggio, circa dieci mila persone hanno sfilato a Palma, il capoluogo delle Baleari, al grido “Mallorca non si vende”.
Un po’ di numeri. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica (Ine), nel 2023, 85 milioni di stranieri hanno visitato la Spagna, seconda meta mondiale del turismo dopo la Francia. Si tratta di un 18,7 per cento in più rispetto all’anno precedente. “Grazie alle politiche del Governo l’industria del turismo sta girando verso la qualità e verso un turismo più sostenibile”, aveva affermato il ministro dell’ Industria e Turismo spagnolo Jordi Hereu, commentando i dati. Intanto Barcellona corre ai ripari. Il sindaco Jaume Collboni ha già annunciato che tutti gli appartamenti turistici verranno eliminati nel 2028. E’ una prima risposta alle proteste di queste settimane. Si tratta di un allarme che non riguarda solo la Spagna. Emerge sempre di più l’esigenza di adottare politiche innovative sul turismo che pongano l’accento anzitutto sul rispetto delle persone, degli ambienti, delle città e dei patrimoni artistici. Un tema che The Global Eye approfondirà nel corso dell’estate per esaminarne gli aspetti complessi che investono i rapporti tra economia e salvaguardia e quali siano i limiti che i Paesi che accolgono ogni anno milioni di stranieri debbano ripensare.