Sergio Mattarella, al di là dei riti, della retorica e degli applausi, non è stato scontato. Ha cominciato il discorso di re-insediamento collegandosi con le persone sofferenti e lo ha concluso declinando la dignità.
La dignità non è stata descritta come un valore perché essa si deve collegare alle responsabilità dell’agire. Ho personalmente apprezzato i richiami costanti alla serietà delle Istituzioni; ne va, infatti, della qualità e del destino della democrazia.
Tanti sono i passaggi che qui non ricordo. Ciascuno di noi potrà rileggere le parole di Mattarella e concentrarsi sui tanti punti toccati.
Personalmente voglio sottolineare l’insistenza sulla necessità di visione storica, di progettualità, di coesione sociale. Mi hanno colpito i richiami alle disuguaglianze, alla complessità dei problemi, alle transizioni digitale ed ecologica, ai poteri economici transnazionali che aggirano i processi democratici, alle sirene della presunta efficienza autoritaria.
Non entro nel merito del tanto esaltato, o criticato, “magic duo” (Mattarella e Draghi) al vertice delle Istituzioni. Nell’ascoltare Mattarella, e lo dico con l’ascolto ancora caldo delle sue parole, ho avuto l’impressione di un impegno credibile, almeno da parte sua, per garantire un degno futuro all’Italia.
Non dò particolare importanza, a costo di apparire impopolare, alle varie standing ovation che abbiamo visto. Dove finisce la convinzione di nuovi inizi e dove comincia l’uso strumentale di una ri-elezione che evidenzia il sostanziale fallimento di buona parte dei partiti presenti in Parlamento ?