(Marco Emanuele)
Il profondo di realtà è emerso e lo vediamo, lo tocchiamo, lo piangiamo nelle vittime del ‘male banale’. Ma l’uomo è anche altro: l’artefice del turbo-progresso.
Le vittime del ‘male banale’ non sono solo le donne oltraggiate e uccise, i popoli vittime dei conflitti armati e delle guerre, i vecchi e nuovi poveri ma anche l’ambiente naturale, quella casa-di-tutti (Terra-Patria) che sacrifichiamo in nome di una competizione quantitativa e lineare per affermarci come centro della storia. Ri-avviare dialoghi sociali e geostrategici per affrontare la violenza dilagante, affronto alle varie forme di vita, è la frontiera da percorrere. Via pensiero complesso.
La competizione corre, mette il ‘turbo’. E’ nel progresso senza pensiero delle tecnologie disruptive che si consuma l’economia del XXI secolo. Se non possiamo tornare indietro, sognare mondi che non esistono più, abbiamo la responsabilità di domandarci se quell’assenza di pensiero rappresenti un problema nel ‘chi diventiamo’.
La risposta è semplice ma non può essere semplicistica. Il turbo-progresso senza pensiero (complesso) è un problema laddove non incontri le profonde lacerazioni di realtà, quelle provocate da un ‘male banale’ che scava in noi e che viene declinato da molti intellettuali e da molta parte delle classi dirigenti con parole vuote, che non nascono dal silenzio, dalla riflessione. Se cura e turbo-progresso non si tengono insieme in visioni complesse di ‘futuro già presente’ ci troveremo vittime delle nostra stessa irresponsabilità storica: e non potremo dirci inconsapevoli.
(English version)
The depth of reality has emerged and we see it, we touch it, mourning the victims of ‘banal evil’. But man is also something else: the creator of turbo-progress.
The victims of ‘banal evil’ are not only the outraged and killed women, the peoples who are victims of armed conflicts and wars, the old and new poors but also the natural environment, that home-of-all (Hearth-Homeland) that we sacrifice in the name of a quantitative and linear competition to establish ourselves as the center of history. Re-starting social and geostrategic dialogues to address the rampant violence, an affront to the various forms of life, is the frontier to travel. Via complex thought.
The competition runs, it puts the ‘turbo’ on. It is in the thoughtless progress of disruptive technologies that the economy of the 21st century is consumed. If we cannot go back, dreaming worlds that no longer exist, we have a responsibility to ask ourselves if that absence of thought represents a problem in ‘who we become’.
The answer is simple but it cannot be simplistic. Turbo-progress without (complex) thought is a problem where it does not encounter the profound lacerations of reality, those caused by a ‘banal evil’ that burrows into us and which is declined by many intellectuals and a large part of the ruling classes with empty words, which do not arise from silence, from reflection. If care and turbo-progress are not held together in complex visions of an ‘already present future’ we will find ourselves victims of our own historical irresponsibility: and we cannot say we are unaware.
(riproduzione autorizzata citando le fonti – reproduction authorized citing the sources)