Pope Francis. Renewing the “spirit of Helsinki”

We try, every day, to rediscover and enhance the elements of complexity that, from reality, must increasingly become geostrategic thinking and decision-making.

We are helped by the words pronounced by Pope Francis yesterday in Kazakhstan: Kazakhstan represents a significant geopolitical crossroads, and so it has a fundamental role to play in lessening cases of conflict. Pope John Paul II came here to sow seeds of hope immediately after the tragic attacks of 2001. I am visiting you in the course of the senseless and tragic war that broke out with the invasion of Ukraine, even as other conflicts and threats of conflict continue to imperil our times. I have come to echo the plea of all those who cry out for peace, which is the essential path to development for our globalized world. And this is peace: a path of integral development for our globalized world.

The ‘bridge’ created after the visit of John Paul II in 2001, immediately after the tragedy of 11 September, brings us to our days in which, with all the evidence, the war continues unabated (and not only in Ukraine). Expressions such as play in lessening cases of conflict show us the importance of mediations that must be carried out continuously, without giving up and with great realism. The Pope also returned to a classic, and always valid, expression: peace is the way to development (all the more so today, in globalisation, where nothing is separated from the rest).

Of equal importance is another passage in Francis’ speech where he invokes, renewed, the spirit of Helsinki. When the Pope insists on the understanding, patience and dialogue with all, the message is clear: no one is excluded from peace and no one can be excluded from it. Everyone has a responsibility to sit at the negotiating table and, equally, no one has the right to exclude anyone. Out of arrogance, it is time for negotiation.

Italian version

Cerchiamo, ogni giorno, di ritrovare e di valorizzare gli elementi di complessità che, dalla realtà, devono diventare sempre di più pensiero e decisione geostrategica.

Ci aiutano le parole pronunciate da Papa Francesco ieri in Kazakhstan: Il Kazakhstan si configura quale crocevia di rilevanti snodi geopolitici: esso, dunque, riveste un ruolo fondamentale nell’attenuare le conflittualità. Qui  Giovanni Paolo II venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001. Io vi giungo nel corso della folle e tragica guerra originata dall’invasione dell’Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitti mettono a repentaglio i nostri tempi. Vengo per amplificare il grido di tanti che implorano la pace, via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato. E la pace è questo: una via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato.

Il “ponte” creato dopo la visita di Giovanni Paolo II nel 2001, immediatamente dopo la tragedia dell’11 settembre, ci porta ai nostri giorni nei quali, con tutta evidenza, la guerra continua senza sosta (e non solo in Ucraina). Espressioni come attenuare la conflittualità ci mostrano l’importanza di mediazioni che vanno operate in continuo, senza arrendersi e con grande realismo. Altresì, il Papa è tornato su un’espressione classica, e sempre valida: è la pace è la via dello sviluppo (a maggior ragione oggi, nella globalizzazione, dove nulla è separato dal resto).

Di altrettanta importanza è un altro passaggio del discorso di Francesco laddove invoca, rinnovato, lo spirito di Helsinki. Quando il Papa insiste sulla necessità di comprensione, pazienza e dialogo con tutti, il messaggio è chiaro: nessuno è escluso dalla pace e nessuno può esserne escluso. Tutti hanno la responsabilità di sedersi al tavolo negoziale e, altrettanto, nessuno ha il diritto di escludere altri. Fuori dall’arroganza, è tempo di negoziato.

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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