Migrazioni e spazio europeo – Migrations and european space

A partire da sfide come quella delle migrazioni, ci viene consegnata l’occasione storica di riflettere politicamente sul mondo futuro che già percorre il nostro presente.

Le decisioni strategiche (ai vari livelli, nazionale-continentale-globale) devono lavorare lungo un doppio binario: governare l’esistente; guardare oltre e immaginare visioni di sostenibilità politica-strategica del mondo e dei mondi.

Gli sbarchi e le tragedie che avvengono sulle coste italiane sono il terminale di un mondo in subbuglio. Occorre, anzitutto, togliere il tema delle migrazioni, così come altri che affronteremo (si pensi alla rivoluzione tecnologica), dalla dialettica partitica, peraltro sempre più mediocre e invasiva (soprattutto nel tempo dell’infotainment).

In questa riflessione iniziamo ad affrontare il tema dello spazio europeo rispetto alle migrazioni. Se il “Vecchio Continente” vuole ritornare ad avere un ruolo geostrategico si deve re-istituire come laboratorio di complessità. Guardando alla sostanza, due elementi emergono più di altri: le migrazioni sono un fenomeno strutturale e globale e le classi dirigenti europee devono avere consapevolezza che la mobilità umana “costretta” è conseguenza di mondi percorsi da conflitti e guerre più o meno sanguinosi in regimi autocratici e dall’intreccio di tutto questo con la megacrisi de-generativa che conosciamo (prima fra tutte, quella climatica); l’Europa deve ritrovare, e avere cura, della sua casa, il Mediterraneo “allargato”.

Come laboratorio di complessità, l’Europa deve investire culturalmente e politicamente sulla propria sovranità, unico modo per uscire dalla trappola delle sovranità nazionali (che rischiano sempre di più di de-generare in nazionalismi). Fosse anche in “geometrie variabili”, l’Europa ha la responsabilità di accettare la sfida delle migrazioni come processo epocale che non può più essere affrontato e governato solo  con logiche, pur necessarie, di contenimento e di sicurezza. Altresì, solo un fronte europeo che discuta e applichi politiche di breve-medio-lungo periodo (secondo complessità) potrà essere in grado di spezzare le catene di una criminalità transnazionale che si arricchisce con il traffico di esseri umani.

Di fronte al Mediterraneo “allargato”,  l’Europa deve recuperare. Accordi con i Paesi di provenienza dei migranti, piano Mattei e sviluppo autoctono dei Paesi della sponda sud, operazioni di intelligence e scambio di informazioni, considerazione delle diverse rotte di provenienza dei migranti, migliore coordinamento nella catena di comando per il soccorso in mare, riforma dei trattati come quello di Dublino: tutto questo è giusto ma, se riflettiamo onestamente, manca l’elemento politico.

Le classi dirigenti, riteniamo, hanno una responsabilità in più: lavorare insieme, coinvolgendo i cittadini (aspetto importante che approfondiremo), per una sovranità europea. Si tratta dell’elemento che può fare la differenza per una Europa che, su troppe questioni importanti (guerra in Ucraina, competizione tecnologica), è vaso di coccio. Il governo politico delle migrazioni non interessa solo i Paesi più esposti geograficamente, come l’Italia, ma riguarda tutti. Nessuno escluso.

(English version) 

Starting with challenges such as migrations, we have the historic opportunity to reflect politically on the future world that already runs through our present.

Strategic decisions (at various levels, national-continental-global) must work along a double track: governing the existing; looking beyond and imagining visions of political-strategic sustainability of the world and worlds.

The landings and tragedies that occur on Italian shores are the terminal of a world in turmoil. First and foremost, we need to remove the issue of migrations, as well as others we will address (think of the technological revolution), from the increasingly mediocre and invasive party dialectic (especially in the time of infotainment).

In this reflection we begin by addressing the issue of the european space with respect to migration. If the ‘Old Continent’ wants to return to a geostrategic role, it must re-establish itself as a laboratory of complexity. Looking at the substance, two elements emerge more than others: migrations are a structural and global phenomenon, and the european ruling classes must be aware that ‘forced’ human mobility is a consequence of worlds traversed by more or less bloody conflicts and wars in autocratic regimes and the interweaving of all this with the de-generative megacrisis we know (first and foremost, the climate crisis); Europe must rediscover, and take care of, its home, the ‘enlarged’ Mediterranean.

As a laboratory of complexity, Europe must culturally and politically invest in its sovereignty, the only way to escape from the trap of national sovereignties (which increasingly risk de-generating into nationalisms). Even in ‘variable geometries’, Europe has a responsibility to accept the challenge of migrations as an epoch-making process that can no longer be tackled and governed solely by the admittedly necessary logic of containment and security. Moreover, only a european front that discusses and applies short-medium-long term policies (according to complexity) will be able to break the chains of a transnational criminality that enriches itself with the trafficking of human beings.

Faced with the ‘enlarged’ Mediterranean, Europe must catch up. Agreements with the migrants’ countries of origin, the Mattei plan and the indigenous development of the countries on the southern shore, intelligence operations and exchange of informations, consideration of the migrants’ different routes of origin, better coordination in the chain of command for sea rescue, reform of treaties such as the Dublin treaty: all this is right but, if we reflect honestly, the political element is missing.

The ruling classes, we believe, have an extra responsibility: to work together, involving the citizens (an important aspect that we will explore in more detail), for a european sovereignty. This is the element that can make the difference for a Europe that, on too many important issues (war in Ukraine, technological competition), is a crock pot. The political government of migrations does not only concern the most geographically exposed countries, such as Italy, but concerns everyone. No one excluded.

 

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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