Confondiamo, ancora e sempre, partitica e politica. Di fronte all’ennesima tragedia a pochi metri dalle coste italiane, le opposizioni si agitano nel chiedere le dimissioni di membri del governo mentre la maggioranza si agita nel difenderli. E’ tutta partitica, sempre uguale a se stessa. E’ sbagliato giudicare per “spirito di parte”. Meglio sarebbe lasciar fare a chi sta indagando. Vedremo.
Le migrazioni, fatto complesso e strutturale, chiamano la politica. Perché le migrazioni sono un tema che riguarda quella “bussola geostrategica” che dobbiamo contribuire ri-pensare. Soprattutto quando un fenomeno non è più emergenziale, le risposte non possono essere lineari o semplicistiche. Non si tratta, infatti, di accusare questo e quello, ben sapendo che gli organi dello Stato preposti ai soccorsi in mare da sempre svolgono un lavoro straordinario a vantaggio dell’umanità che fugge (non per diletto). E, non ci sfuggono, in onestà intellettuale, lo sfasamento temporale tra l’intervento immediato (per salvare vite), l’organizzazione dell’accoglienza e le difficoltà – opportunità che essa comporta per il sistema-Paese.
La politica è, anzitutto, nel senso di umanità. La politica vive dall’alto e nel profondo. La politica è dentro la realtà. Quel sentimento politico manca. Immaginare di governare un mondo come l’attuale attraverso un approccio fatto solo di regole e sicurezza è un’illusione. L’Italia, nell’accogliere e nel condurre una vera battaglia politica in Europa su un tema come quello delle migrazioni (soprattutto dal punto di vista della redistribuzione), può intestarsi la medaglia politica di lavorare a cambiare il Vecchio Continente (anche privilegiando “geometrie variabili”). Cambiare politicamente l’Europa vuole anche dire farle ritrovare l’anima a sud, nel Mediterraneo allargato, guardando all’Africa come continente del futuro (già presente) e nel quale si stanno consumando i rapporti di potere tra player globali. La sfida è epocale.
La politica è, in secondo luogo, nella consapevolezza della complessità del fenomeno migratorio “costretto”. Anche su questo l’Italia, forte della sua tradizione culturale, diplomatica e politica, non può rinunciare a essere voce realistica di un “giudizio storico critico” sulla realtà di un mondo non più sostenibile. La politica è capacità di leggere il mondo nel quale siamo immersi, di considerare gli effetti della megacrisi de-generativa che ci percorre, di interrogarsi sulla difficoltà – guardando un mappamondo – di indicare un contesto pacificato.
Infine, la politica è in un pensiero geostrategico (bussola) che chiarisca come – da almeno trent’anni a questa parte – non abbiamo lavorato a individuare un sistema-mondo capace di governare politicamente le dinamiche che noi stessi generiamo. Le migrazioni “costrette”, ci permettiamo sottolineare, sono il terminale di un tema ben più grande: un mondo insostenibile dal punto di vista politico-strategico e dentro una “guerra mondiale a pezzi”.
(English version)
We confuse, again and again, party politics and Politics. Faced with yet another tragedy a few metres off the Italian coasts, the opposition is agitating in demanding the resignation of members of the government while the majority is agitating in defending them. It is all partisan, always the same. It is wrong to judge by ‘partisanship’. Better would be to leave it to those who are investigating. We shall see.
Migrations, a complex and structural fact, call politics. Because migrations are an issue concerning that ‘geostrategic compass’ that we must help rethink. Especially when a phenomenon is no longer an emergency, responses cannot be linear or simplistic. In fact, it is not a question of accusing this and that, knowing full well that the State bodies in charge of sea rescue have always performed extraordinary work for the benefit of humanity fleeing (not for pleasure). And, in intellectual honesty, we are not unaware of the time lag between the immediate intervention (to save lives), the organisation of reception, and the difficulties-opportunities it entails for the country-system.
Politics is, first and foremost, in the sense of humanity. Politics lives from above and deep within. Politics is within reality. That political feeling is missing. Imagining to govern a world like today’s through an approach made only of rules and security is an illusion. Italy, in welcoming and conducting a real political battle in Europe on an issue such as migrations (especially from the point of view of redistribution), can take the political medal of working to change the Old Continent (even favouring ‘variable geometries’). Politically changing Europe also means making it rediscover its soul in the south, in the enlarged Mediterranean, looking at Africa as the continent of the future (already present) and in which the power relations between global players are being consummated. The challenge is epochal.
The policy is, secondly, in the awareness of the complexity of the ‘forced’ migrations phenomenon. On this, too, Italy, strong in its cultural, diplomatic and political tradition, cannot give up being a realistic voice of a ‘critical historical judgement’ on the reality of a world that is no longer sustainable. Politics is the ability to read the world in which we are immersed, to consider the effects of the de-generative megacrisis that is sweeping us, to question ourselves on the difficulty – looking at a world map – of pointing to a pacified context.
Finally, politics is in a geostrategic thinking (compass) that clarifies how – for at least thirty years now – we have not worked to identify a world-system capable of politically governing the dynamics that we ourselves generate. The ‘forced’ migrations, we would like to stress, are the terminal of a much bigger issue: an unsustainable world from a political-strategic point of view and within a ‘world war in pieces’.