Passata “la” giornata si ha la tentazione di tornare a occuparsi d’altro, come se la memoria della soluzione finale accaduta in pieno ‘900 non riguardasse il presente. Errore clamoroso che, soprattutto, può costare caro alle nostre democrazie.
L’unico modo di portare avanti la memoria è investire sulla Politica. Di questo ci occupiamo, in un tempo in cui non sembriamo imparare una lezione chiara: la Politica non è amministrazione. Abbiamo più volte ribadito, e lo facciamo ancora, che governare un Paese è operazione molto difficile soprattutto quando, come accade in Italia, le possibilità di spesa pubblica sono limitate e le urgenze sono tante e compresenti. Ma la Politica è altro e deve accompagnare l’amministrazione con una visione che, non da oggi, manca.
Visione Politica fa rima come Memoria e con Complessità. Se, da un lato, dobbiamo fare i conti con i segni totalitari che continuano a far parte dell’esperienza umana, dall’altro lato il tempo che viviamo chiede un Pensiero Complesso, la capacità di re-istituire paradigmi adeguati al terzo millennio, restituendoci alla realtà-che-è.
Il Pensiero Complesso è azione storica, mai fuga. E’, anzitutto, la presa d’atto che nulla è distaccato dal resto: la megacrisi de-generativa nella quale siamo immersi non è sommatoria di singole crisi. Altresì, il Pensiero Complesso è principio di nuova responsabilità: il rapporto tra il tutto e le parti va ri-definito laddove lasciamo prevalere le parti sul tutto (vince l’interesse nazionale) o viceversa (vince, a-criticamente, la globalizzazione). Il Pensiero Complesso diventa Politico nel momento in cui assume, pragmaticamente, il principio di “glocalità”. Il Pensiero Complesso diventa Politico nel momento in cui contribuisce a de-radicalizzare, a de-dogmatizzare, a introdurre elementi d’incertezza dentro certezze consolidate che, portate all’eccesso, diventano segni totalitari (l’uomo si fa Dio, creatore e distruttore, e la sicurezza diventa morale, anche se non dichiarata come tale).
Siamo in una fase “tragicamente sfidante”. Spetta a noi quale strada scegliere. La Storia ci mette in mano un tesoro da custodire e noi possiamo usare la Memoria come un museo da guardare con il distacco del “mai più” o come un laboratorio vivo e progettante che, finalmente, voglia fare i conti con le contraddizioni che ci appartengono e con le potenzialità che vivono in noi. La sfida, tutta Politica, è nel futuro già presente.