L’oltre nel presente imminente. Per un pensiero geostrategico

(Marco Emanuele)

Robert D. Kaplan (La mente tragica, Marsilio NODI 2023, p. 26) scrive: La geopolitica – la battaglia per il potere all’interno di uno spazio geografico – è intrinsecamente tragica. L’azione politica che cerca di raddrizzare il mondo, non lo è. Ma poiché la sensibilità tragica è una fusione di fatalismo e lotta, un’arte di governo efficace richiede entrambe. Affidarsi solo alla geopolitica porta a un cinico livellamento verso il basso, ma avanzare soluzioni politiche senza considerare la geopolitica è arrogante e ingenuo: le mappe ci impongono dei limiti. Pensare tragicamente significa vedere il mondo e le relazioni internazionali in tutti i loro aspetti. ‘La pienezza della vita’, scrive Hamilton, ‘è nei rischi della vita stessa’.

Nel riflettere di strategia, la curiosità di chi – come noi – vorrebbe contribuire, con convinta umiltà, alla elaborazione di un ‘pensiero geostrategico’ si pone dentro la complessità del reale. Perché è il reale che deve condurre il pensiero, non la nostra interpretazione. C’è il presente imminente, quello che vediamo e con il quale possiamo fare più facilmente i conti, l’immediato. E c’è l’oltre, ancora misterioso ai nostri occhi, carsico e che di tanto in tanto si materializza e ci mostra tutti i limiti del nostro approccio da presente imminente.

Fare strategia, e farla perché si affermi, è arte complessa. La tragicità di cui scrive Kaplan, passando attraverso una radicale autocritica di sé (se ne trova traccia nelle prime pagine del testo sopra citato), non può che essere consapevolezza della compresenza dell’oltre nel nostro presente. Non possiamo, infatti, elaborare strategie solo sulla base di ciò che vediamo ora ma quelle devono passare attraverso mediazioni e visioni che si lascino percorrere dall’imprevedibile, dall’incerto, dal sottostante, dal non ancora visto, dal non ancora pensato. In sostanza, nuovo pensiero geostrategico, via complessità, chiede nuovo realismo.

Il mondo multipolare, emersione decisiva di player che vogliono occupare il centro della storia, è anche nelle nostre società nazionali, fin dentro di noi. Per questo, un pensiero geostrategico adeguato non può che lavorare dall’alto e nel profondo: non può che essere ‘glocale’.

Noi guardiamo alla ‘sostenibilità sistemica’ del mondo e dei mondi. Così pensiamo che non tutto vien per nuocere e, allo stesso modo, che non tutto vien per garantirci il meglio. Le tattiche separanti non funzionano più, il tutto è inter-in-dipendente: la (geo)costruzione delle opportunità passa attraverso la (geo)consapevolezza dei rischi. Fare i conti con la realtà, senza infingimenti ma con intelligenza e creatività, è l’unico modo per scrivere la nuova pagina di strategie sostenibili. E complesse.

(riproduzione riservata)

 

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