L’eredità di Francesco e il destino progressista

(Marzia Giglioli) 

Ci sono momenti nei quali la riflessione diventa strumento urgente. E  mai come in queste ore in cui la morte di un Pontefice che ha difeso i principi di solidarietà contro le politiche del rigidismo economico e proposto una pace possibile oltre i conflitti che viviamo, si deve guardare a modelli tesi a ‘fare politica morale’, ragionando (al di là del credo religioso e dei giudizi su Bergoglio), su un nuovo Umanesimo necessario alle sfide di questi anni. Un Umanesimo che sappia interpretare una ‘conciliazione possibile’ e che lascia ai leader del mondo un interrogativo su cosa significhi davvero ‘governare’. Ciò perché la centralità della Politica non ceda invece al potere e al facile consenso.

Ora, con la morte di Francesco, si intravede un ‘futuro cupo per il Cristianesimo progressista’ scrive Elisabeth Bruenig su The Atlantic aprendo (ndr) anche l’altro interrogativo che riguarda quale azione (sul versante laico) potrà delinearsi da qui in poi, quali confini si potranno adottare o abbattere alla luce dell’attuale quadro geopolitico altamente critico e fluido.

Intanto, la cronaca di questi anni (e di queste ore) non può ignorare che la ‘verità rivoluzionaria del Cristianesimo’ dichiarata da Francesco rispetto agli affari politici globali ‘sia molto spesso respinta da quei leader mondiali che lo stesso Papa esortava’ – scrive ancora – ‘con critiche soprattutto da parte di quei membri della destra politica frustrati dalla sua riluttanza a cooperare spiritualmente nei loro progetti sociopolitici’.

Nella sua ultima benedizione pasquale, rimane l’eredità di Francesco e nel suo Pontificato il suo grande appello alla Politica morale che apre anche la discussione su chi lo considera un progressista e chi lo nega.

Su queste pagine proponiamo una discussione ed una riflessione sul significato complesso di ciò che significhi ‘governo” e sulla conciliazione tra politica e temi morali, ricordando ‘in casa nostra’ le riflessioni degasperiane sulla valorizzazione dei ruoli istituzionali che debbono ‘servire’ la complessità democratica per come si configura a fronte delle variabili sociali ed economiche interne e delle variabili internazionali.

Mai come oggi serve riaffrontare un’interpretazione autentica di cosa voglia dire ‘gestire’ la rappresentatività politica, senza alterare alcun aspetto dei singoli Diritti, soprattutto in questa fase che vede molte Democrazie tentate da rigidismi rischiosi e molte derive negative.

Su questo ‘governo morale’ si misurera’ molto del futuro possibile: progresso o regressione.

Elizabeth Bruenig è opinionista per The Atlantic. Ha lavorato per The New Republic, per il Washington Post e per il New York Times. E’ stata due volte finalista al Premio Pulitzer.

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