(Marzia Giglioli)
Disuguaglianze crescenti. Ultimo Rapporto Oxfam. Il 2023 anno record per i super ricchi. Serve un ripensamento sistemico
I ricchi sempre più ricchi. Disuguaglianze crescenti. Povertà moltiplicate. Un copione che replica se stesso e che fotografa la realtà economica globale. Ad identificarlo, con cifre aggiornate, giunge l’ultimo rapporto Oxfam che conferma ancora una volta la leadership economica delle grandi multinazionali che, come per gli individui super-ricchi, vivono negli utimi anni un ‘periodo aureo’. Solo nel biennio 2021-2022 le più grandi corporation globali hanno registrato un aumento dell’89% dei profitti rispetto al periodo 2017-2020. I dati, relativi ai primi mesi del 2023, mostrano inootre come l’anno appena conclusosi sia destinato a superare ogni record, attestandosi come il più redditizio di sempre. Complessivamente, 148 tra le più grandi società al mondo hanno realizzato profitti per circa 1.800 miliardi di dollari in 12 mesi fino a giugno 2023 con un incremento del 52,5% rispetto al profitto medio del periodo 2018-2021.
Tra queste, ad aver riportato i risultati più esorbitanti nei 12 mesi intercorsi tra luglio 2022 e giugno 2023, sono state prima di tutto 14 compagnie petrolifere e del gas (+ 278% rispetto al periodo 2018-21); al secondo.posto della classifica delle concentrazioni di ricchezza figurano due marchi di lusso (con profitti +120%) e 22 società finanziarie (profitti +32%). Seguono 11 aziende farmaceutiche che hanno aumentato i profitti di quasi il 32%.
L’umanità si trova – con le parole dello storico Adam Tooze – nel mezzo di una policrisi con “shock che interagiscono tra loro in modo tale da rendere l’impatto complessivo delle di gran lunga più grande della somma dei singoli effetti e da farci perdere il senso della realtà”. Le recenti crisi – la pandemia da COVID-19, la crisi alimentare ed energetica, lo shock inflattivo, la crisi climatica, i conflitti internazionali in corso – si sono sovrapposte ed amplificate a vicenda, investendo simultaneamente i sistemi ecologico, economico, politico e sociale e acuendo le fragilità. Quel che a prima vista potrebbe configurarsi come una nefasta congiuntura è invece – come argomenta, in maniera più che condivisibile, Tooze – il risultato dell’accumulazione di problemi negati o affrontati con soluzioni temporanee scarsamente adeguate, preferite a un ripensamento sistemico dell’esistente.
A fronte di dati che sottolineano con crescente evidenza la ‘piramide’ economica, l’interrogativo da porsi è “come il capitalismo userà l’intelligenza artificiale?”. L’IA rappresenta un potentissimo ‘derivato della sorveglianza’, un modello di business destinato a superare tutti quelli già in atto in molti settori. I sistemi predittivi in tutti i campi stanno diventando essenziali e il loro uso improprio rischia di generare effetti economici devastanti. Le profezie digitali potrebbero davvero manipolare il futuro di tutti. E a farne le spese saranno certamente i più deboli. L’intelligenza artificiale potrà (o potrebbe) agire da moltiplicatore di ancora maggiori disuguaglianze. Il punto non è se ubbidire ad una delle leggi di Azimov che “un robot non può recare danni all’essere umano” ma piuttosto quanto il business del’IA possa portarci in un futuro sempre più povero.