L’ascolto fa la differenza

Nel 2022, in piena guerra, scrivo di “ascolto”. Può apparire paradossale, o ingenuo, ma non lo è. Perché ascoltare, e saper ascoltare, è un’arte irrinunciabile nel mondo percorso da dinamiche che presentano, con tutta evidenza, la complessità del rapporto tra generazione e de-generazione. Ognuno potrà considerare che stia prevalendo la generazione o la de-generazione ma ciò che è chiaro è che esse coesistono e agiscono, da sempre, nella realtà. Quando si guarda a una guerra, è inevitabile, vediamo solo il male e lo condanniamo, com’è giusto che sia.

Eppure, è proprio nel “mentre” dei processi storici, camminando in un “progetto di civiltà”, che sento la necessità dell’ascolto, di capire profondamente perché i fatti accadono, perché accadono in un determinato modo e come contribuire a costruire l’oltre.

L’ascolto serve per capire ma, allargando il pensiero, serve a com-prendere e, dunque, a “fare nostra” la realtà, a entrare in comunione con essa. Oggi, secondo me, viviamo un grande bisogno di com-prensione. E non possiamo che partire dall’ascolto.

Ci sono almeno due elementi negativi nel nostro approccio alla realtà. Il primo è nel far prevalere le opinioni di parte sulla visione-del-Tutto, considerando le opinioni come Verità e lavorando a imporle in modo lineare, come se una opinione raccogliesse in sé l’intera complessità del reale. Il secondo elemento negativo è nel non prendere atto che la realtà è un mosaico, un Tutto-in-progress, e che il nostro lavoro di persone umane, credenti e non credenti, “occidentali” o di altra provenienza, è di garantire vita a quel mosaico che riguarda l’umanità intera e che chiamo “destino planetario”.

L’ascolto è fondamentale. Non per dare ragione a chi non ce l’ha ma per entrare, anzitutto culturalmente e poi operativamente, nel complesso-di-realtà, con quello facendo i conti e in quello agendo. C’è una sorta di distacco tra ciascuno di noi, radicalizzato in opinioni di parte assolutizzate in (presunte) Verità, e la realtà glocale (sfide planetarie che si “incarnano” in ogni territorio, nei “dove” della nostra vita).

Se guardiamo alle relazioni internazionali, abbiamo la responsabilità di com-prendere che la forza è un elemento costitutivo di esse: non possiamo far finta, per comodità o per  legittimare posizioni sterili, che non esista. Il problema è costruire, attraverso l’ascolto, un sistema-mondo che aiuti reciprocamente a relativizzare le opinioni di parte e nel quale le ragioni della generazione prevalgano su quelle della de-generazione, ineliminabili – in conseguenza della nostra natura – dal palcoscenico della storia.

La riflessione continua …

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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