Laboratori strategici per la riconciliazione, la giustizia e la sostenibilità

Sviluppo integrale dell’uomo e sviluppo solidale dell’umanità (1)

O ci salviamo insieme o non si salva nessuno. (2) Il monito contenuto nel titolo è chiaro: a maggior ragione oggi, a 56 anni dalla pubblicazione dell’enciclica “Populorum Progressio”, il tema dello sviluppo integrale dell’uomo e dello sviluppo solidale dell’umanità è, o dovrebbe essere, il primo in ordine di priorità. (3)

Il progresso della parte ricca del mondo, che ha certamente contribuito a far uscire milioni di persone dalla fame, dalla sete e dalla povertà materiale anche nei Paesi più poveri, mostra oggi il suo volto peggiore: quello di un mondo profondamente diviso, disuguale e insostenibile dal punto di vista politico-strategico.

Abbiamo rinunciato, soprattutto dalla fine dell’equilibrio bipolare a oggi, alla considerazione complessa del progresso, non calandoci nelle sue ombre. Non è bastato, come vediamo chiaramente, dire progresso, democrazia, mercato, tecnologia perché, pressoché automaticamente, tutti i mondi si adeguassero alla fase della post-storia (la chiamiamo così in conseguenza dell’annunciata “fine della storia”). Anzi, nella ricomposizione radicale – e molto spesso violenta – dei rapporti di potere, lo scarto di una quota molto ampia di umanità si è fatto evidente, diventando oggi il principale problema per i Paesi più ricchi.

Abbiamo fatto prevalere il modello globalizzato rispetto ai processi di progressivo accompagnamento alla globalità per l’intera umanità. In sostanza, si è scelto di lavorare strategicamente solo dall’alto (determinando un modello valido per tutti, addirittura “esportando” la democrazia) e si è prestata poca attenzione strategica (tranne che da parte di organizzazioni meritorie, sia laiche che appartenenti alle reti delle Chiese) al profondo di ciò che stava accadendo nelle comunità umane più povere: le ombre del progresso sono calate a separare l’umanità, anche all’interno dei Paesi ricchi. Le storie sono tornate.

Il modello globalizzato, tema da approfondire e in un dibattito molto vivace sulle sue prospettive, si è imposto. Oggi, quel modello si sta ritorcendo contro i Paesi più ricchi che, oltre a dover gestire importanti problemi interni di coesione sociale, cercano di resistere – sentendosi minacciati – alle pressioni dei più poveri. La risposta non può essere solo tattica di contenimento. Ha detto Papa Francesco al Congresso degli Stati Uniti d’America (24 settembre 2015): Dobbiamo evitare una tentazione oggi comune: scartare chiunque si dimostri problematico

Vi sono molte ragioni, in questa fase storica, per essere preoccupati. Altrettanto, però, si può cambiare via: l’errore più grande, detto reciprocamente, è che i diversi player globali si pongano in posizione di polarizzazione. (4) Il mosaico-mondo si compone dinamicamente solo nella ricostruzione della relazione tra sviluppo integrale dell’uomo, sviluppo solidale dell’umanità ed elaborazione di scenari di mediazione e visione. Tutti hanno la responsabilità di coinvolgersi in un discorso pubblico, e globale, di “sviluppo umano integrale”.

Nessun player va lasciato fuori. E’ venuto il tempo, riconoscendo il male che percorre il mondo, di cercare insistentemente gli spazi possibili di dialogo (dialettico-dialogale). (5) Oltre che essere consapevoli del male, dobbiamo prendere atto che le ombre del progresso hanno “incattivito” la naturale incertezza dei rapporti umani e internazionali, trasformandola in disagio, paura, insicurezza. In un mondo dalla crescente complessità, dopo una pandemia (6) e dentro una guerra che sta sconvolgendo gli equilibri globali, nulla sarà più come prima.

Tra colonizzazione e squilibri (7)

E’ storia conosciuta. La colonizzazione e la tentazione colonizzatrice, in evoluzione nelle sue forme, non è mai uscita dal palcoscenico della storia. La evocava Paolo VI nella “Populorum Progressio” (si veda in nota) e continua ancora oggi.

Quando, dall’esterno, si cerca di imporre un modello pre-definito su un corpo sociale, economico e politico-istituzionale non pronto ad accoglierlo, il risultato è chiaro: non tutto è da buttare ma la generazione di squilibri, dunque la de-generazione di quel contesto, è dato atteso. Torniamo al tema della complessità del progresso, fatto di luci e di ombre.

I Paesi più poveri, molto spesso, hanno problemi di classi dirigenti e di corruzione diffusa. Altrettanto spesso, quei Paesi sono stati condannati alla dipendenza da Paesi stranieri che – con metodi hard o più soft – hanno contribuito al consolidamento del paradosso insostenibile tra le ricchezza di risorse naturali e la povertà materiale di ampie fasce di popolazione. Questo è un altro aspetto di quella “guerra mondiale a pezzi” tanto evocata da Papa Francesco.

Con il contributo di letture specifiche, nel corso della ricerca cercheremo di descrivere l’essenza degli squilibri che l’intreccio tra corruzione e malaffare autoctoni e gli interventi esterni ha generato nei contesti meno fortunati del pianeta.

Ciò che interessa sottolineare in questa fase introduttiva è il fatto che, passati 56 anni dalla Populorum Progressio, la denuncia dei mali della colonizzazione è ancora attuale. Il mondo è pieno di ferite e Papa Francesco le ha poste al centro del suo Magistero. (8)

Scrivevamo che “abbiamo fatto vincere il modello globalizzato sui processi di progressivo accompagnamento alla globalità per l’intera umanità”. Crediamo che accompagnare alla globalità sia la strada maestra per permettere a ogni contesto di vivere la storia planetaria senza snaturarsi. Si tratta certamente di un lavoro di lungo periodo, nell’ “oltre”, ma che deve calarsi nel “mentre” che va governato. Una prima proposta è un’alleanza strategica, e dichiarata, tra le classi dirigenti autoctone che credono in uno sviluppo equilibrato e giusto, umano e integrale, e le reti “dal basso” che attivamente s’impegnano per migliorare le condizioni di vita nei Paesi più poveri o per ricostruire condizioni di convivenza dopo i conflitti. In questo, anche le organizzazioni internazionali e i governi dei Paesi terzi dovrebbero aiutare, in molti casi continuando percorsi già avviati, a rendere più resilienti le società particolarmente fragili. A patto, culturalmente parlando, di considerare il lavoro delle reti “dal basso” un impegno politico e non pre-politico, ovvero fuori dalla decisione strategica.

Un lavoro “dal basso”, nel profondo, aiuta i contesti più fragili a recuperare fiducia nel proprio destino, condizione indispensabile perché le persone ricomincino a credere nel futuro ri-creandolo, vivendo una sovranità non più limitata ma aperta secondo giustizia. Gli attori esterni, in questo quadro, devono impostare dinamiche economiche sostenibili e non di sfruttamento e aiutare il consolidamento di reti pubblico-private nello spirito di laboratori strategici per la riconciliazione, la giustizia e la sostenibilità.

Fuori dalla mentalità colonizzatrice, gli squilibri si superano progressivamente dentro un impegno paziente di mediazione e nella prospettiva pragmatica di visione strategica. Guardando alla sostenibilità politico-strategica del mondo e dei mondi, i laboratori devono incrociare una nuova cultura dello sviluppo umano integrale secondo complessità.

Note

  1. Paolo VI, enciclica “Populorum Progressio” (5): (…) nel desiderio di rispondere al voto del concilio e di volgere in forma concreta l’apporto della santa sede a questa grande causa dei popoli in via di sviluppo, abbiamo ritenuto che facesse parte del nostro dovere il creare presso gli organismi centrali della chiesa una commissione pontificia che avesse il compito di “suscitare in tutto il popolo di Dio la piena conoscenza del ruolo che i tempi attuali reclamano da lui, in modo da promuovere il progresso dei popoli più poveri, da favorire la giustizia sociale tra le nazioni, da offrire a quelle che sono meno sviluppate un aiuto tale che le metta in grado di provvedere esse stesse e per se stesse al loro progresso”: Giustizia e pace è il suo nome e il suo programma. Noi pensiamo che su tale programma possano e debbano convenire, assieme ai nostri figli cattolici e ai fratelli cristiani, gli uomini di buona volontà. È dunque a tutti che noi oggi rivolgiamo questo appello solenne a una azione concertata per lo sviluppo integrale dell’uomo e lo sviluppo solidale dell’umanità
  2. Papa Francesco nel discorso al Congresso degli Stati Uniti d’America (24 settembre 2015):  Trattiamo gli altri con la medesima passione e compassione con cui vorremmo essere trattati. Cerchiamo per gli altri le stesse possibilità che cerchiamo per noi stessi. Aiutiamo gli altri a crescere, come vorremmo essere aiutati noi stessi. In una parola, se vogliamo sicurezza, diamo sicurezza; se vogliamo vita, diamo vita; se vogliamo opportunità, provvediamo opportunità. La misura che usiamo per gli altri sarà la misura che il tempo userà per noi. La Regola d’Oro ci mette anche di fronte alla nostra responsabilità di proteggere e difendere la vita umana in ogni fase del suo sviluppo. Come dire, aggiungiamo noi: lavoriamo per una “solidarietà pragmatica”
  3. Mauro Ceruti, intervista a Huffpost (di Antonio Cianciullo, 6 dicembre 2021): La solidarietà non è più solo una scelta etica ma una necessità che emerge dai fatti: siamo tutti figli della stessa biosfera. E la pandemia ci sta insegnando che per aumentare le nostre probabilità di sopravvivenza dobbiamo estendere questo legame alle altre specie, agli ecosistemi. È un potenziamento dell’idea di fratellanza che nel Novecento era rimasta in ombra mentre le altre due figlie della triade illuminista, la libertà e la giustizia, si contrapponevano sotto diverse bandiere politiche. Ora è arrivato il suo momento. Il momento della fratellanza non più solo come fatto intimo, spirituale, sentimentale, ma come esigenza di metamorfosi dell’umanità
  4. Papa Francesco nel discorso al Congresso degli Stati Uniti d’America (24 settembre 2015). Egli sottolinea l’importanza di guardarsi dalla tentazione del semplicistico riduzionismo che vede solo bene o male, (…) giusti e peccatori. Il mondo contemporaneo, con le sue ferite aperte che toccano tanti dei nostri fratelli e sorelle, richiede che affrontiamo ogni forma di polarizzazione che potrebbe dividerlo tra questi due campi. Sappiamo che nel tentativo di essere liberati dal nemico esterno, possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno. Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore di prendere il loro posto
  5. Papa Francesco nel discorso al Congresso degli Stati Uniti d’America (24 settembre 2015): Quando nazioni che erano state in disaccordo riprendono la via del dialogo – un dialogo che potrebbe essere stato interrotto per le ragioni più valide – nuove opportunità si aprono per tutti. Questo ha richiesto, e richiede, coraggio e audacia, che non vuol dire irresponsabilità. Un buon leader politico è uno che, tenendo presenti gli interessi di tutti, coglie il momento con spirito di apertura e senso pratico. Un buon leader politico opta sempre per «iniziare processi più che possedere spazi» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 222-223)
  6. Mauro Ceruti, intervista a Huffpost (di Antonio Cianciullo, 6 dicembre 2021): La pandemia ha rivelato la fragilità della nostra società: un modo di pensare per polarità contrapposte non aiuta. Quello che può aiutare è vedere le interazioni che esistono tra le crisi in cui siamo immersi: sanitaria, ecologica, psicologica, economica, sociale, antropologica, esistenziale
  7. Paolo VI, enciclica “Populorum Progressio” (7-8): Di fronte alla vastità e all’urgenza dell’opera da compiere, gli strumenti ereditati dal passato, per quanto inadeguati, non fanno tuttavia difetto. Bisogna certo riconoscere che le potenze colonizzatrici hanno spesso avuto di mira soltanto il loro interesse, la loro potenza o il loro prestigio, e che il loro ritiro ha lasciato talvolta una situazione economica vulnerabile, legata per esempio al rendimento di un’unica coltura, i cui corsi sono soggetti a brusche e ampie variazioni. Ma, pur riconoscendo i misfatti di un certo colonialismo e le sue conseguenze negative, bisogna nel contempo rendere omaggio alle qualità e alle realizzazioni dei colonizzatori che, in tante regioni abbandonate, hanno portato la loro scienza e la loro tecnica, lasciando testimonianze preziose della loro presenza. Per quanto incomplete, restano tuttavia in piedi certe strutture che hanno avuto una loro funzione, per esempio sul piano della lotta contro l’ignoranza e la malattia, su quello, non meno benefico, delle comunicazioni o del miglioramento delle condizioni di vita. Fatto questo riconoscimento, resta fin troppo vero che tale attrezzatura è notoriamente insufficiente per affrontare la dura realtà dell’economia moderna. Lasciato a se stesso, il suo meccanismo è tale da portare il mondo verso un aggravamento, e non una attenuazione, della disparità dei livelli di vita: i popoli ricchi godono di una crescita rapida, mentre lento è il ritmo di sviluppo di quelli poveri. Aumenta lo squilibrio: certuni producono in eccedenza beni alimentari, di cui altri soffrono atrocemente la mancanza, e questi ultimi vedono rese incerte le loro esportazioni
  8. Antonio Spadaro, L’atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale, Marsilio 2023, p. 67: Il papa viaggia per toccare ferite e per porre la sua mano su quelle ferite, come Cristo ha messo la sua mano sulle ferite di allora. Questo è il senso profondo della diplomazia della misericordia
Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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