di Marzia Giglioli – video di Ines Pellegrini
Qualcuno cita la Rivoluzione parigina come metafora della protesta di Hollywood che vede schierati da una parte gli artisti di Hollywood e, dall’altra, le grandi piattaforme che governano la produzione e la diffusione mondiale di cinema e tv.
Da oltre 100 giorni attori e sceneggiatori protestano e chiedono ai servizi di streaming royalties più alte quando un film o una serie tv vengono messe online sulle piattaforme. Chiedono altresì un Codice che regoli l’uso dell’intelligenza artificiale che rischia di sostituirsi ai creativi, denunciandone anche l’ utilizzo per prevedere le tendenze di mercato più remunerative.
E’ una trincea nuova che vede Hollywood impegnata nella difesa delle idee future e del loro valore. Non è una rivendicazione salariale ma molto di più ed è più complessa rispetto a quanto viene scritto. The Global Eye ne segue l’evoluzione perché rappresenta una cronaca dalle molte sfaccettature culturali e tecnologiche e del complicato rapporto tra i vecchi e i nuovi valori.
“La nostra protesta cambierà l’intero sistema della produzione e metterà ordine nello sfruttamento “, spiegano. I leader delle Unions.
Ieri c’è stata stata una grande manifestazione iniziata a Netflix e finita davanti agli studi della Paramount. Sui cartelli slogan di denuncia delle percentuali troppo esigue che erogano i Big. Uno dei manifestanti ha detto di aver ricevuto, poco tempo, fa un assegno di 3 centesimi.
Sul banco degli imputati ci sono soprattutto Netflix, Amazon, Disney. Intanto, qualche produzione sta tentando accordi separati per riuscire a sbloccare la situazione che di fatto sta congelando Hollywood.
Si dice che la protesta possa andare avanti fino a dicembre e forse oltre.