Ogni giorno assistiamo a discussioni snervanti sul tema migrazioni. Si tratta di un tema che polarizza e ciò che vediamo in queste ore tra Italia, Francia e Germania non è altro che l’esplodere ciclico di tensioni tra Paesi che dovrebbero stare insieme in una sorta di reciproca fiducia europea. Eppure non è così: l’Europa non esiste non solo perché è un grande apparato burocratico e/o perché non ha strategie chiare e autonome sui grandi dossier internazionali (si pensi alle tecnologie critiche) ma, principalmente, perché è semplicistica sommatoria di interessi nazionali. Nulla di più: fiducia zero.
Che l’Europa possa rappresentare un soggetto geostrategico importante è fuor di dubbio. I fatti, però, dimostrano amaramente che nessuna delle lezioni dei Padri fondatori, fossero essi più idealisti o più funzionalisti, è arrivata fino a noi, è diventata scelta politica. Da allora a oggi, però, va notato che il mondo si è trasformato radicalmente e che oggi ci troviamo immersi in una policrisi de-generativa e in una guerra mondiale ‘a pezzi’; se questo è vero, è altrettanto vero che i Paesi europei dovrebbero mostrare l’intelligenza geostrategica di ripensare il tema della fiducia reciproca, ingrediente politico indispensabile perché le fondamenta del Vecchio Continente possano resistere nelle tempeste della storia globale.
Come si può, in questa situazione di totale assenza di fiducia, chiedere ai cittadini di farsi parte diligente per mandare loro rappresentanti al Parlamento Europeo ? Pur credendo nell’Europa e nei processi democratici, sono convinto che le classi dirigenti debbano lavorare intensamente sulle mediocrità dell’Europa-che-è. Non tutto è negativo, certamente: penso, a esempio, alla gestione della fase di recovery dopo la pandemia, atto di esistenza in vita di qualcosa che andasse oltre gli interessi nazionali. Ma, dispiace dirlo, per molte altre cose l’Europa non c’è, a cominciare da una riflessione profonda sul futuro della propria sicurezza dopo la guerra in Ucraina: che dialoghi avremo con la Russia (e con quale Russia ?) e come governeremo l’enorme baratro ucraino che troveremo ai nostri confini ?
Infine, tornando al principio di questa riflessione, l’Europa non c’è rispetto ai migranti: essi non solo rappresentano storie personali il più delle volte drammatiche ma ci raccontano di un continente, l’Africa, che sarà decisivo per il futuro dei Paesi europei. Tra finanziamenti ad autocrati, piani Mattei, conferenze euro-mediterranee e dentro a guerre continue e a disastri naturali che arrivano a peggiorare situazioni già tragiche, l’assenza dell’Europa pesa come un macigno. Alla frontiera, infatti, quel migrante sentirà solo la forza dell’ordine e non la solidarietà (realistica) di un Continente amico.
(English version)
Every day we witness nerve-wracking discussions on the topic of migration. It is a polarising issue and what we see in these hours between Italy, France and Germany is nothing but the cyclical eruption of tensions between countries that should be together in a sort of mutual European trust. Yet this is not the case: Europe does not exist not only because it is a great bureaucratic apparatus and/or because it does not have clear and autonomous strategies on major international dossiers (think of critical technologies) but, mainly, because it is a simplistic summation of national interests. Nothing more: zero trust.
That Europe could represent an important geostrategic subject is beyond doubt. The facts, however, bitterly demonstrate that none of the lessons of the Founding Fathers, be they more idealist or more functionalist, have come down to us, have become political choices. Between then and now, however, it should be noted that the world has been radically transformed and that today we find ourselves immersed in a de-generational polycrisis and a world war ‘in pieces’; if this is true, it is equally true that European countries should show the geostrategic intelligence to rethink the issue of mutual trust, an indispensable political ingredient if the foundations of the Old Continent are to withstand the storms of global history.
How can one, in this situation of a total lack of trust, ask citizens to take the diligent part in sending their representatives to the European Parliament? While I believe in Europe and democratic processes, I am convinced that the ruling classes have to work hard on the mediocrity of Europe-that-is. Not everything is bad, of course: I am thinking, for example, of the management of the recovery phase after the pandemic, an act of existence of something beyond national interests. But, I am sorry to say, for many other things Europe is not present, starting with a profound reflection on the future of its own security after the war in Ukraine: what dialogue will we have with Russia (and with which Russia ?) and how will we govern the enormous Ukrainian chasm that we will find on our borders ?
Finally, going back to the beginning of this reflection, Europe is absent with respect to migrants: they not only represent personal stories that are more often than not dramatic, but also tell us about a continent, Africa, that will be decisive for the future of European countries. Amidst funding for autocrats, Mattei plans, Euro-Mediterranean conferences, and amidst continuous wars and natural disasters that come to worsen already tragic situations, Europe’s absence weighs like a boulder. At the border, that migrant will only feel the force of order and not the (realistic) solidarity of a friendly continent.