(Marzia Giglioli)
La leadership nell’era dell’intelligenza artificiale. Gestire le intuizioni delle macchine con la comprensione umana
Come sarà la leadership nell’era dell’intelligenza artificiale?
Se le previsioni tecniche indicano che il 60% dei lavori potrà essere sostituito o modificato dall’IA, un capitolo sul quale pesano le maggiori incertezze riguarda la fisionomia futura di chi sara chiamato a decidere. L’intelligenza artificiale, nei prossimi anni, introdurrà sempre di più proprie responsabilità. Il rischio di sostituzioni decisionali anche ad alto livello è dietro l’angolo, ma secondo quanto si legge in uno studio dell’Università di Berkely, che disegna il ruolo della futura leadership nell’era digitale, il rischio di ‘abdicazione’ viene molto ridimensionato.
‘Resterà il valore intrinseco e insostituibile del pensiero visionario dei leader che diventa ancora più fondamentale proprio per i progressi nell’intelligenza artificiale’. In pratica l’IA – dicono a Berkely – non può sostituire la capacità umana di immaginazione e di visione che resta radicata nel perché e nello scopo dell’agire. I leader manterranno sempre il vantaggio sulla macchina nella pianificazione strategica e nell’affrontare l’incertezza.
Naturalmente, considerati i numerosi impatti sconosciuti che l’intelligenza artificiale avrà su diversi fronti, ‘prevediamo una continua necessità da parte dei leader di adattarsi e crescere. Ciò richiede un percorso di apprendimento accelerato per gli individui e i loro team, che richiede un miglioramento continuo delle competenze per stare al passo con i progressi tecnologici e affrontare nuove sfide’.
Sebbene l’intelligenza artificiale possa fornire approfondimenti e analisi, mancherà sempre della capacità umana di comprendere emozioni e sfumature. Saranno sempre e soltanto umane le competenze trasversali, come l’intelligenza emotiva, il pensiero critico e la risoluzione dei conflitti, troppo complesse per gli algoritmi.
I nuovi leader dovranno sicuramente essere diversi, avranno accanto team con capacità ‘miste’ che faranno convivere le proprie conoscenze con quelle dall’IA, ma dovranno soprattutto saper colmare il divario tra le intuizioni guidate dalle macchine e la comprensione umana. Non sarà facile.
(English version)
Leadership in the era of artificial intelligence. Managing machine insights with human understanding
What will leadership look like in the age of artificial intelligence? If technical forecasts indicate that 60% of jobs could be replaced or modified by AI, a chapter on which the greatest uncertainties weigh concerns the future physiognomy of those who will be called upon to decide. In the coming years, artificial intelligence will increasingly introduce its own responsibilities. The risk of decisional substitutions even at a high level is around the corner, but according to what we read in a study by the University of Berkeley, which outlines the role of future leadership in the digital age, the risk of ‘abdication’ is greatly reduced.
‘The intrinsic and irreplaceable value of the visionary thinking of leaders will remain, which becomes even more fundamental due to progress in artificial intelligence’. In practice, AI – following Berkely – cannot replace the human capacity for imagination and vision which remains rooted in the why and purpose of action. Leaders will always maintain the edge over the machine in strategic planning and dealing with uncertainty.
Of course, given the many unknown impacts that AI will have on many fronts, we expect a continued need for leaders to adapt and grow. This requires an accelerated learning path for individuals and their teams, requiring continuous upskilling to keep up with technological advances and meet new challenges.’.
While AI can provide insights and analysis, it will always lack the human ability to understand emotions and nuances. Soft skills, such as emotional intelligence, critical thinking and conflict resolution, which are too complex for algorithms, will always and only be human.
The new leaders will certainly have to be different, they will have teams with ‘mixed’ capabilities that will make their knowledge coexist with that of AI, but above all they will have to know how to bridge the gap between machine-driven intuitions and human understanding. It will not be easy.
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