L’acqua, elemento fondamentale per la vita, è al centro delle cronache per la sua carenza. Incredibile, ma vero, questo accade in un terzo millennio nel quale l’innovazione tecnologica corre velocissima, purtroppo accompagnata a una evidente de-generazione del nostro modello di sviluppo: utilizziamo l’aggettivo “nostro” perché, qualunque sia il posto del mondo nel quale viviamo o dal quale veniamo, l’acqua ci riguarda tutti.
Scrive Fausta Speranza (Osservatore Romano, 21 marzo 2023) che il giardino, luogo sempre vivificato dall’acqua, rappresenta il
terreno di incontro delle religioni abramitiche. La sacralità dell’acqua ci mette di fronte alla nostra responsabilità per la poca o mancata cura dell’ecosistema complesso nel quale viviamo.
L’acqua si lega intimamente alla complessità. Quel bene, non trattabile come una merce qualunque (come purtroppo accade), rappresenta una chiave di lettura del mondo nel quale viviamo e della sua insostenibilità politico-strategica. Gli analisti di relazioni internazionali, mai abbastanza, ci ricordano che l’acqua è alla base di molti conflitti in giro per il mondo mentre, paradosso inaccettabile, senza di essa non c’è vita e, intorno a essa, si sono incontrate e sviluppate le civiltà.
Abbiamo perso la bussola di uno sviluppo umano integrale. L’acqua ci aiuti, anzitutto nel pensiero, a cambiare via. Tante sono le possibilità che la tecnologia ci offre per permettere all’umanità di poter accedere, come diritto umano fondamentale, al bene più prezioso. Ma non basta. La complessità, infatti, insegna che ci vuole una volontà più ampia: considerare l’acqua, insieme alle migrazioni “costrette”, paradigma nel cambio di era che stiamo vivendo. Perché in acqua, lo vediamo ogni giorno, si muore.
Acqua di vita, acqua di pace, acqua di dialogo, acqua di sviluppo, acqua di diritto. La complessità è in tutto questo, nessun aspetto escluso. Papa Francesco tante volte evoca il tema della dignità umana: è triste notare come, nell’anno 2023, l’umanità combatta e si riarmi ma non abbia il coraggio di guardare ai veri fallimenti generati dalla sua (nostra) irresponsabilità. L’oltraggio all’acqua, insieme alla guerra, è indice della nostra incapacità di essere umani.