La complessità del male – Complexity of evil

Le lacrime del Papa sulla guerra in Ucraina, umanamente così profonde da toccare il mistero del male, incrociano la decisione dei gendarmi della fede iraniani di impiccare un altro uomo.

In questo tempo storico, impegnati come siamo a percorrere le dinamiche di un mondo che rischia di ‘implodere’, ci troviamo di fronte a questioni che, grazie all’espansione della democrazia e della libertà, pensavamo di avere risolto. Ma non è così.

L’uomo, infatti, non rinuncia alla guerra così come non rinuncia alla sua volontà di sostituirsi a Dio (fino al punto di dare la morte) quando il suo pensiero non ha altra evoluzione possibile. Il ‘male banale’ continua a far parte delle nostre vite, è parte di noi.

Mai come in questo momento, allora, le democrazie sono chiamate a una operazione storica decisiva: se non basta più dirsi democratici, l’investimento culturale-politico-strategico deve finalmente diventare investimento nella condizione umana.

Il tema del male è complesso e profondamente radicato in noi. Dobbiamo dirci sconvolti, e dobbiamo condannare, il ‘male banale’.

Altrettanto, però, dobbiamo lavorare su altri fronti decisivi. In primo luogo, dobbiamo domandarci cosa è mancato, particolarmente negli ultimi trent’anni della nostra storia: è mancata la politica e il mondo a-politico nel quale ci troviamo è lì a dimostrarlo. In secondo luogo, dobbiamo prendere atto di aver rinunciato a una cultura politico-strategica del dialogo e del negoziato. In terzo luogo, anziché ridare vita ai principi democratici a partire dalla loro autocritica, abbiamo costruito un mondo di scontro tra democrazie e autocrazie.

La nostra scelta di fondo è chiara. Non vorremmo più vedere un Papa piangere per una guerra così come non vorremmo più leggere di qualcuno impiccato per le sue idee. Siamo per e nella democrazia, a una condizione: di non darla per scontata, di re-istituire la politica, di capire – con un lavoro lungo e profondo – che noi siamo la generatività dei nostri sistemi organizzati, così come la loro de-generazione.

English version

The Pope’s tears over the war in Ukraine, humanly so profound as to touch the mystery of evil, intersect with the decision of the Iranian gendarmes of faith to hang a man.

In this historical time, busy as we are with the dynamics of a world in danger of ‘imploding’, we are faced with issues that, thanks to the expansion of democracy and freedom, we thought we had resolved. But this is not the case.

Man does not renounce war any more than he renounces his desire to replace God (to the point of giving death) when his thinking has no other possible evolution. The ‘banal evil’ continues to be part of our lives, it is part of us.

Never more than now, then, are democracies called to a decisive historical operation: if it is no longer enough to call themselves democratic, the cultural-political-strategic investment must finally become an investment in the human condition.

The subject of evil is complex and deeply rooted in us. We must say we are shocked by, and must condemn, ‘banal evil’.

Equally, however, we must work on other decisive fronts. First, we must ask ourselves what has been missing, particularly in the last thirty years of our history: politics has been missing, and the a-political world in which we find ourselves is there to prove it. Secondly, we must realise that we have given up a political-strategic culture of dialogue and negotiation. Third, instead of reviving democratic principles from their self-criticism, we have built a world of confrontation between democracies and autocracies.

Our fundamental choice is clear. We would no more want to see a Pope crying over a war than we would want to read about someone being hanged for his ideas. We are for and in democracy, on one condition: not to take it for granted, to re-institute politics, to understand – with long and deep work – that we are the generativity of our organised systems, as well as their de-generation.

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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