In-compiutezza / In-completeness

(M.E.)

‘Chi diventiamo’: questo è il nostro percorso complesso, raccontato come diario quotidiano.

Il 9 novembre 1989 tutti vivemmo una eccitazione collettiva. I punti di svolta attraggono, come certi modelli che corrispondono alle nostre tensioni esistenziali. L’implosione del nemico storico (l’URSS, il cui crollo ‘formale’ avvenne due anni dopo) rappresentò, pensiero complesso docet, una grande possibilità e una grande tragedia per il senso stesso dell’Occidente.

La ‘liberazione della libertà’, con il crollo dell’ultimo totalitarismo del ‘900, ha paradossalmente allungato il ‘secolo breve’. La consolidata abitudine al nemico, e la fretta di portare la democrazia ‘all over the world’, hanno trasformato quell’eccitazione collettiva in un formidabile auto-inganno.

La Storia era viva, contrariamente a certe convinzioni che ne decretavano prematuramente la morte. Allora si prestò attenzione al futuro imminente, non all’oltre. Si trattava di tattica, non certo di ‘strategia storica’. Fu così che, fin da allora, la democrazia fu elevata a modello, addirittura esportabile: ma non fu avviata, in termini di auto-critica prospettica, un lavoro nel profondo del processo democratico, per renderlo sostenibile e davvero resiliente.

L’idea di democrazia ‘compiuta’ è tradimento della democrazia stessa. Come per l’essere umano, il tema è l’in-compiutezza, lavoro nel profondo di noi e della realtà. Ciò che si ritiene essere compiuto, infatti, non ha più respiro, non percorre l’oltre, si soddisfa di sé. Su queste basi continuiamo il nostro ‘diario nella complessità’, per strategie nel ‘chi diventiamo’. Verso un ‘nuovo’ Umanesimo.

(English version)

‘Who we become’: this is our complex path, told as a daily diary.

On November 9, 1989 we all experienced collective excitement. Turning points attract, like certain models that correspond to our existential tensions. The implosion of the historical enemy (the USSR, whose ‘formal’ collapse occurred two years later) represented, complex thinking docet, a great possibility and a great tragedy for the very meaning of the West.

The ‘liberation of freedom’, with the collapse of the last totalitarianism of the 20th century, paradoxically lengthened the ‘short century’. The consolidated habit of the enemy, and the rush to bring democracy ‘all over the world’, have transformed that collective excitement into a formidable self-deception.

History was alive, contrary to certain beliefs that decreed its premature death. Then attention was paid to the immediate future, not to the beyond. It was a question of tactics, certainly not of ‘historical strategy’. Thus it was that, ever since then, democracy was elevated to a model, even exportable: but, in terms of prospective self-criticism, work was not initiated in the depths of the democratic process, to make it sustainable and truly resilient.

The idea of ‘completed’ democracy is a betrayal of democracy itself. As for the human being, the theme is in-completeness, work deep inside us and in reality. What is believed to be accomplished, in fact, no longer has breath, it does not go beyond, it is satisfied with itself. On this basis we continue our ‘diary in complexity’, for strategies in ‘who we become’. Towards a ‘new’ Humanism.

(riproduzione autorizzata citando la fonte – reproduction authorized citing the source)

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