Il mondo multipolare, oggi più che mai, è realtà. Lo è sia per l’affermarsi, ‘del tutto emerso’, di potenze grandi e medie che competono per la redistribuzione del potere planetario (per un nuovo ordine) sia per la decadenza di narrazioni (degli ‘occidenti’) che riguardano le estasi e i tormenti di un ‘900 che non c’è più. Se la storia viaggia a cicli, quello che vediamo oggi è molto interessante perché ci vincola nell’inter-in-dipendenza data non solo da un’economia che crea legami ma da una policrisi che tutti riguarda. Nessuno escluso.
Il pensiero complesso chiede geo-consapevolezza. Dall’alto e nel profondo, il mondo multipolare ci comprende. Ci muoviamo, in queste riflessioni, dentro e oltre geopolitica e geoeconomia. Lavoriamo per una consapevolezza che sembra mancare ai più, soprattutto alle classi dirigenti, di un mondo multipolare che entra (in modi non sempre prevedibili o linearmente determinabili) nei nostri territori e nelle nostre case e che stravolge le nostre certezze, quelle a cui eravamo abituati, quelle che ci davano sicurezza e vita (relativamente) tranquilla. In più, la geo-consapevolezza nasce dal fatto che non basta più occuparsi dei movimenti del potere ma che occorre pre-occuparsi delle trasformazioni sociali che avvengono in conseguenza, soprattutto, di una policrisi de-generativa che passa trasversalmente e che non chiede permesso ai confini degli Stati nazionali.
In tutto questo, è anzitutto l’idea di certezza che viene problematizzata. Dentro la policrisi de-generativa ci sentiamo tutti più fragili perché capiamo che la dimensione-mondo non ci dà più appigli decisionali ai livelli nazionale e territoriale. In primo luogo, viene meno la certezza del potere statuale. Mentre un tempo il potere si vedeva e, pur giudicandolo opprimente, ci dava il senso di una presenza efficace, oggi il potere si è fatto fluido e non è più nelle mani di un soggetto chiaro e definito come lo Stato. In molti avvertono che è così e sentono la debolezza di istituzioni che non riescono più a garantire adeguati livelli di giustizia sociale e di benessere e le cui decisioni strategiche, al di là della retorica propagandistica di qualsivoglia parte politica, risultano fragili di fronte al fiume impetuoso che ci percorre.
La debolezza dell’autorità statuale diventa conclamata nella scelta sempre più banale della ‘burocratizzazione’: con questo termine intendiamo l’innalzamento progressivo dell’immunizzazione dall’esterno. Se ciascuno di noi ha il diritto-dovere di difendere la propria casa dai rischi esterni, ciò non può avvenire oltre misura e fino al punto di negare l’inter-in-dipendenza sopra richiamata. Veniamo da decenni nei quali abbiamo esaltato la società aperta come grande possibilità: forse, a ben guardare, non ci siamo preoccupati del suo governo politico e, nell’oggi, quella possibilità rischia di trasformarsi nel suo contrario.
(English version)
The multipolar world, today more than ever, is a reality. It is so both because of the assertion, ‘fully emerged’, of large and medium-sized powers competing for the redistribution of planetary power (for a new order) and because of the decadence of narratives (of the ‘Wests’) concerning the ecstasies and torments of a 20th century that no longer exists. If history travels in cycles, what we see today is very interesting because it binds us in the inter-in-dependence given not only by an economy that creates bonds but by a polycrisis that concerns everyone. No one excluded.
Complex thinking demands geo-awareness. From above and below, the multipolar world encompasses us. We move, in these reflections, within and beyond geopolitics and geo-economics. We work for an awareness that seems to be lacking to most, especially to the ruling classes, of a multipolar world that enters (in ways that are not always predictable or linearly determinable) our territories and our homes and that upsets our certainties, the ones we were used to, the ones that gave us security and a (relatively) peaceful life. In addition, geo-awareness evolves from the fact that it is no longer enough to concern ourselves with the movements of power, but that it is necessary to pre-occupy ourselves with the social transformations that are taking place as a consequence, above all, of a de-generational polycrisis that passes transversally and that does not ask permission from the borders of nation States.
In all this, it is first and foremost the idea of certainty that is being problematised. Within the de-generative polycrisis we all feel more fragile because we realise that the world-dimension no longer gives us decision-making footholds at the national and territorial levels. Firstly, the certainty of State power disappears. Whereas at one time power could be seen and, while we found it oppressive, it gave us a sense of an effective presence, today power has become fluid and is no longer in the hands of a clear and defined entity such as the State. Many feel that this is the case and experience the weakness of institutions that can no longer guarantee adequate levels of social justice and welfare and whose strategic decisions, beyond the propagandistic rhetoric of any political party, are fragile in the face of the raging river that flows through us.
The weakness of State authority becomes evident in the increasingly banal choice of ‘bureaucratisation’: by this term we mean the gradual raising of immunisation from the outside. If each of us has the right-duty to defend its home from external risks, this cannot be done to an excessive extent and to the point of denying the inter-in-dependence mentioned above. We come from decades in which we extolled the open society as a great possibility: perhaps, on closer inspection, we were not concerned with its political governance and, in today’s world, that possibility risks turning into its opposite.