(Marzia Giglioli)
A El Bosque, nel Golfo del Messico, è rimasta una sola famiglia: quella di Guadalupe Cobos. Il mare sta inghiottendo la terra di questa piccola comunità di pescatori.
Nel villaggio, che si trova nello Stato di Tabasco, vivevano oltre 700 persone che ora sono i primi migranti messicani del clima. E non saranno gli ultimi.
In febbraio avevano organizzato una conferenza stampa per attirare l’attenzione internazionale. Ad accompagnare i giornalisti c’era Cristina. Laa sua casa era già sommersa dall’acqua: ‘Voglio condividere con voi tutto questo’. Dopo 10 mesi anche lei è andata via.
Dal 2005, il rapido innalzamento del livello delle acque del Golfo e le tempeste invernali chiamate “nortes” hanno divorato l’entroterra e l’acqua ha ingoiato le case.
Il Mayors Migration Council, una coalizione internazionale di sindaci di oltre 200 città, sostiene che, in assenza di interventi concreti sul clima, nei prossimi tre decenni circa 8 milioni di messicani saranno sfollati a causa di inondazioni, siccità, tempeste e frane.
Nel Belize, gli abitanti del villaggio Monkey River stanno combattendo per salvare la terra che il mare sta implacabilmente erodendo. La comunità creola, con il sostegno delle Nazioni Unite, sta cercando di arginare la marea e proteggere quel che resta. In molti sono già scappati ma chi rimane è un esempio di resistenza: ‘chiediamo giustizia climatica’ ma molto è già sparito sott’acqua.
È questo ‘il dopo’ che attende risposte dal Vertice dei 200 Paesi che si è appena concluso a Dubai. Sul fronte dell’ attuazione degli aiuti si è raggiunto un consenso, ma soprattutto per il passaggio all’energia pulita. Per molti è già tardi.
(English version)
In El Bosque, in the Gulf of Mexico, there is only one family left: that of Guadalupe Cobos. The sea is swallowing the land of this small fishing community.
Over 700 people lived in the village, which is located in the state of Tabasco, and are now the first Mexican climate migrants. And they won’t be the last.
In February they organized a press conference to attract international attention. Accompanying the journalists was Cristina. Her house was already submerged in water: ‘I want to share all this with you’. After 10 months she also left.
Since 2005, rapidly rising water levels in the Gulf and winter storms called “nortes” have devoured the hinterland and the water has swallowed homes.
The Mayors Migration Council, an international coalition of mayors from more than 200 cities, says that in the absence of concrete climate action, about 8 million Mexicans will be displaced by floods, droughts, storms and landslides over the next three decades.
In Belize, the inhabitants of the Monkey River village are fighting to save the land that the sea is relentlessly eroding. The Creole community, with the support of the United Nations, is trying to stem the tide and protect what remains. Many have already escaped but those who remain are an example of resistance: ‘we ask for climate justice’ but much has already disappeared under water.
This is the ‘after’ that awaits answers from the 200-country Summit that has just concluded in Dubai. A consensus has been reached on the implementation of aid, but above all for the transition to clean energy. For many it is already late.
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