Governare politicamente è mediazione e visione. Le due cose devono co-esistere, non sono alternative.
Politica e partitica sono dentro il medesimo orizzonte: la Storia che, al contempo, evolve e involve. Oggi più che mai, in una fase dalla crescente complessità, stanno emergendo – purtroppo insieme – i gravi errori commessi negli ultimi decenni in termini di scelte strategiche. Ciò che non si è considerato, e che è condizione imprescindibile per la nostra stessa esistenza, è la sostenibilità politico-strategica del mondo e dei nostri mondi in esso.
Oggi ci troviamo in una condizione di evidente difficoltà ma anche di grandi possibilità. Il futuro già presente ha bisogno di un approccio Politico: il dito, la cura della nostre case nazionali, e la luna, il mondo che ci comprende e che ci supera, ci chiamano a un nuovo pensiero, a nuove soluzioni, a nuove responsabilità, a nuove solidarietà, a un nuovo realismo.
Affinché si possa ri-generare la speranza è necessario che ciascuno comprenda l’inseparabilità di mediazione e visione. Alcuni esempi: la guerra in Ucraina dovrebbe aiutarci a immaginare, dentro l’imminenza di una soluzione necessaria (per quanto difficile all’evidenza dei fatti), un’architettura di sicurezza europea che comprenda la Russia (quale Russia, con quali poteri al comando ?); “gli” Occidenti devono uscire dal “transatlantismo retorico” per entrare in un’alleanza fondata sulle differenze (è ben difficile parlare di unità dell’Occidente laddove l’Europa, senza autonomia strategica, si trova a pagare un prezzo alto per le politiche anti-inflazione degli Stati Uniti); il futuro dei mondi che consideriamo “altri” ci riguardano direttamente (dall’Africa, al Mediterraneo “allargato”, all’America Latina, alle “Asie”) e, progressivamente, dovranno far parte di un quadro strategico di “multi-bi-lateralismo” (il classico multilateralismo, in un mondo fattosi “a-polare”, appare sfiancato); è sempre più decisivo calibrare il rapporto tra locale e globale, guardando al futuro della globalizzazione come “glocalizzazione”; il lavoro, ciò che riguarda la concreta speranza per ogni essere umano, deve fare i conti con la rivoluzione tecnologica in atto che, come insegna la vicenda umana, non si arresta e assume forme continuamente nuove che trasformano le nostre certezze; la salvaguardia della salute pubblica, in un quadro glocale da costruire, pone all’attenzione di tutti il rapporto tra la salvaguardia dell’ambiente e la nostra salute nonché il ruolo degli Stati nell’adottare politiche pertinenti per la resilienza dei sistemi sanitari e per vere politiche territoriali di efficienza nella prossimità; la pace è anche pacificazione sociale laddove è ormai evidente il progressivo consolidamento di una violenza “banale” che, nei regimi autoritari come nelle democrazie rappresentative, percorre le società e pone a rischio l’elemento comunitario di relazione.
Il discorso pubblico, che intendiamo Politico, deve riguardare la qualità delle prospettive democratiche che viviamo e che vivremo. Quanto sopra descritto, e molto altro, non è più possibile nella sola amministrazione dell’esistente o nella sola idealità. La speranza è ideal-pragmatica e tutti abbiamo bisogno, oltre che di risolvere la quotidianità, di un tempo nuovo per un pensiero che sia già azione strategica. Non possiamo più scegliere tra il dito e la luna ma dobbiamo assumere la responsabilità e la difficoltà di guardarli entrambi, per essere liberi.