- Saggezza diplomatica. L’Ambasciatore Riccardo Sessa intervistato da Generoso Picone (Il Mattino, 24 maggio 2022, La Cina non va fatta irritare, può portare Putin a trattare). Dice Sessa, esprimendosi positivamente sul piano proposto dall’Italia e in valutazione da parte russa: Qualsiasi piano sia preso in considerazione, è importante che le due parti siano davvero disposte a sedersi a un tavolo e a parlarsi, avviare una trattativa negoziale e mettere fine alla logica delle armi. Siamo ormai di fronte a un serio pericolo che in Europa si riaprano ferite ritenute chiuse con la fine della Guerra fredda. Se in Ucraina devono andare di pari passo le iniziative diplomatica e militare, sullo sfondo di una situazione globale difficile, nota Sessa, c’è anche la questione dei rapporti tra Usa e Cina. Oggi Biden a Tokyo riunisce i Paesi del Quad, l’alleanza indopacifica in chiave anticinese che comprende gli Stati Uniti, l’Australia, il Giappone e l’India. L’obiettivo è convincere Pechino a esercitare tutta la sua influenza, pressione e convincimento verso Putin. Non aiutano certe dichiarazioni che ai cinesi saranno poco piaciute e probabilmente sarebbe stato più opportuno tenere il summit non in questi giorni. Anche se in guerra ogni giorno che passa deve farci ricordare che su questioni di principio fondamentali bisogna essere molto chiari e molto duri. Sessa, tornando alla guerra in Ucraina, dice l’annuncio USA di mandare militari a difesa della propria Ambasciata a Kiev rientra nella normalità e non rappresenta il coinvolgimento diretto dello zio Sam nella guerra. Nota Sessa che c’è un concetto molto preciso sul quale sono impegnati i Paesi della Nato in questo conflitto: evitare qualsiasi pretesto affinché la Russia possa denunciare un loro coinvolgimento diretto. Fino adesso, come in passato in situazioni simili, questo principio è rispettato e non vedo perché non debba esserlo anche
ora. Infine, sulla possibilità di uno scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina, dice Sessa: Sarebbe un gesto beneaugurante. Ma sono situazioni che ordinariamente in guerre “normali” avvengono. Ci sono tra l’altro organizzazioni internazionali che lavorano nell’ambito del diritto umanitario, penso alla Croce rossa internazionale o al Sovrano Ordine di Malta, e si
tratta di azioni senz’altro da favorire: sarebbe un segnale che, nonostante tutte le atrocità, rimane vivo un minino di umanità. Se questa parola può essere usata durante una guerra. - Ridimensionare Biden ? Ian Bremmer intervistato da Giuseppe Sarcina per il Corriere della Sera (24 maggio 2022, Ora Pechino alzerà i toni. Ma non ci sarà escalation e neppure un’altra guerra). Bremmer sostiene che nell’Amministrazione non ci sia una minaccia incombente made in China. Così dice: (…) ci sono segnali che vanno in direzione opposta. Per esempio sappiamo che la segretaria al Tesoro, Janet Yellen, sta pensando di ridurre o addirittura togliere i dazi sulle importazioni di merci cinesi. Inoltre i consiglieri di Biden hanno escluso Taiwan da questo nuovo progetto economico che dovrebbe mettere insieme 13 Paesi nella regione dell’Indo-Pacifico. Sulle parole di Biden, nota Bremmer: Non so se Biden lo abbia fatto in modo intenzionale. A me è sembrata più una gaffe. E’ chiaro, però, che Pechino doveva rispondere in modo secco. Probabilmente ci sarà un aumento della tensione, anche se non mi aspetto un’escalation pericolosa. In questa fase i cinesi hanno un sacco di problemi interni. In prospettiva il governo di Xi Jinping potrebbe reagire come ha sempre fatto quando pensava di aver subito un torto. Ci sarà un raffreddamento delle relazioni diplomatiche bilaterali. Gli americani dovranno fare uno sforzo per recuperare, mentre i cinesi continueranno a sottolineare la loro irritazione. E il clima all’interno dell’Amministrazione americana ? Bremmer: Beh, sicuramente nell’Amministrazione non sono contenti per questo genere di sortite La strategia americana si muove su un sentiero molto stretto. L’idea di costruire una coalizione partendo dalla formula del Quad, quindi con Giappone, India e Australia per contenere l’espansionismo cinese. Nello stesso tempo Biden insiste sulla contrapposizione tra le democrazie e le autocrazie, sulla necessità che la Cina rispetti i diritti umani. Come si vede ci sono già tante cose che non piacciono a Pechino. Ecco perché nell’Amministrazione c’è chi pensa che non fosse assolutamente necessario tirare fuori la questione di Taiwan in quei termini. Bremmer trova gli elementi positivi del viaggio di Biden in Asia: Il presidente ha rafforzato una risposta coordinata contro la Russia anche in questa sfera del mondo. Agli alleati europei si sono uniti l’Austealia, il Giappone, perfino la Corea del Sud che collaborerà con gli americani anche nel settore della cyber security. E’ un fatto molto importante, per niente scontato.
- Taiwan è strategica, lo sappiamo. Federico Rampini, Corriere della Sera (24 maggio 2022, Il contrattacco di Joe per evitare una Kiev in Estremo Oriente). Scrive Rampini: (…) nessuno può sottovalutare l’importanza strategica di Taiwan. Con appena 24 milioni di abitanti, l’isola è una superpotenza tecnologica che produce il 60% di tutti i semiconduttori mondiali. E’ situata su un corridoio marittimo dove passano le rotte delle navi petroliere che trasportano greggio dal Golfo Persico a Cina, Corea, Giappone. Infine è l’ultima liberaldemocrazia cinese sul pianeta. Da quando hanno ristabilito le relazioni con Pechino alla fine degli anni Settanta, le amministrazioni Usa hanno ritenuto di dover mantenere un’ambiguità strategica: hanno detto ai successivi leader cinesi che l’America non ammetterebbe una soluzione del “problema Taiwan” affidata alla forza militare; hanno lasciato capire che l’America forse potrebbe intervenire in difesa dell’isola attaccata, ma non lo hanno mai annunciato in modo esplicito. L’unico impegno chiaro di Washington, sotto tutte le amministrazioni, era quello di fornire a Taipei le armi per difendersi; non necessariamente di combattere al suo fianco. Ora Biden compie un passo nuovo, traendo le conseguenze dall’Ucraina. Sono le stesse conseguenze che hanno tratto i popoli e i governi di Svezia e Finlandia: gli autocrati capiscono e rispettando solo i rapporti di forza, se l’Ucraina fosse stata nella Nato Putin non si sarebbe azzardato a invaderla. Dunque è meglio chiarire fin d’ora a cosa cosa andrebbe incontro Xi Jinping se lanciasse l’aggressione a Taiwan. Non a tutti a Washington condividono questa determinazione, perfino all’interno della squadra Biden. Questo presidente ha spesso anticipato e accelerato le svolte: fu lui a indurire i toni verso Putin, in seguito il capo del Penìtagono lo assecondò annunciando l’obiettivo di indebolire la Russia.
Giudizio storico. Spunti (24 maggio 2022)
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