E’ molto interessante, per chi si occupa di scenari complessi, leggere l’opera di Antonio Spadaro, L’atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale (Marsilio, 2023).
Tanti sono gli spunti interessanti e l’autore è particolarmente attento a mostrare la visione del mondo di Francesco che, con grande realismo, guarda dentro e guarda oltre i rapporti di forza che caratterizzano l’attuale panorama delle relazioni internazionali.
Un passaggio val bene sottolineare, laddove Spadaro (p. 101) scrive dell’importanza del multilateralismo. Ciò che non siamo riusciti a fare negli ultimi trent’anni della nostra storia, periodo straordinariamente importante perché è in esso che è iniziato il cambio di era che stiamo vivendo, il multilateralismo – speranza concreta di unire il mondo nelle differenze e modalità pragmatica necessaria per affrontare le sfide planetarie – paga, secondo noi, il prezzo di una inadeguatezza strutturale che non tiene conto della complessità.
Ha ragione Spadaro a sottolineare che “non bastano più forme di bilateralismo” (p. 102). Con altrettanto realismo, occorre dire che il multilateralismo che conosciamo, percorso dalla doppia incapacità dei singoli Stati di cedere porzioni di sovranità (potremmo dire, di vincere l’ “egoismo sovrano”) per il governo politico delle sfide che riguardano l’intera umanità e delle organizzazioni internazionali di essere efficaci in chiave strategica, non si è rivelato risolutivo. Proponiamo, con spirito complesso, di lavorare sul “multi-bi-lateralismo”, ben sapendo che i rapporti di forza, per quanto mediati e de-radicalizzati, continueranno ad esistere e ad incidere sul destino delle relazioni internazionali.
Un sistema multi-bi-laterale, guardando alle sfide che già riguardano il nostro presente, deve tenere conto delle differenze che caratterizzano ogni contesto e, allo stesso tempo, convincere con un paziente lavoro di mediazione (evitando il più possibile le polarizzazioni) e di dialogo che la sovranità esasperate diventano sovranismi, che il giusto senso dell’essere nazione può diventare nazionalismo, e così via. Maggior realismo, dunque, è richiesto per ri-formare (formare continuamente) un sistema internazionale che, preso atto del male che percorre la storia, non può permettersi di escludere alcuno dalla costruzione del “destino planetario”.
(English version)
It is very interesting, for those dealing with complex scenarios, to read Antonio Spadaro’s work, L’atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale (Marsilio, 2023).
There are many interesting insights and the author is particularly careful to show Francis’s worldview, which, with great realism, looks inside and looks beyond the power relations that characterise the current panorama of international relations.
One passage is worth highlighting, where Spadaro (p. 101) writes of the importance of multilateralism. What we have failed to do in the last thirty years of our history, an extraordinarily important period because it is in it that the change of era we are currently living through began, multilateralism – a concrete hope of uniting the world in its differences and the pragmatic way necessary to face planetary challenges – is paying, in our opinion, the price of a structural inadequacy that does not take complexity into account.
Spadaro is right to point out that ‘forms of bilateralism are no longer sufficient’ (p. 102 – our translation). With just as much realism, it must be said that the multilateralism we know, traversed by the dual inability of individual States to cede portions of sovereignty (we might say, to overcome ‘sovereign egoism’) for the political governance of the challenges affecting the whole of humanity and of international organisations to be effective in strategic terms, has not proved decisive. We propose, in a complex spirit, to work on ‘multi-bi-lateralism’, knowing well that power relations, however mediated and de-radicalised, will continue to exist and affect the fate of international relations.
A multi-bi-lateral system, looking at the challenges that already affect our present, must take into account the differences that characterise each context and, at the same time, convince through patient work of mediation (avoiding polarisations as much as possible) and dialogue that exaggerated sovereignty becomes sovereignism, that the right sense of being a nation can become nationalism, and so on. Greater realism, therefore, is required to re-form (continuously form) an international system that, having acknowledged the evil that runs through history, cannot afford to exclude anyone from the construction of ‘planetary destiny’.