Per troppo tempo abbiamo negato il conflitto come alimento necessario per la crescita democratica. Abbiamo pensato che parole come conflitto, crisi, errore fossero solo negative. E abbiamo drammaticamente sbagliato.
Perché oggi, si vede chiaramente, i conflitti rischiano di diventare guerriglie e le crisi rischiano di trasformarsi in de-generazione. L’errore viene interpretato come peccato da punire e l’assenza di politica spinge irrimediabilmente sull’amministrazione della sicurezza, alzando lo scontro. Il gioco è fatto: l’incertezza di realtà diviene insicurezza e disagio.
Le violenze anarco-insurrezionaliste sono materia che lo Stato deve affrontare facendo lo Stato. Se le istituzioni non possono cedere su questo, altrettanto esse devono com-prendere (qualcosa di ben diverso dal semplice capire) la complessità di ciò che accade. Il caso Cospito è argomento sensibile e va affrontato con intelligenza istituzionale, politica. Le conseguenze di ciò che non si sceglie si vedono in ciò che diventa violenza, mostrandoci il lato negativo del conflitto.
Non possiamo permetterci altra violenza. Il tempo che viviamo chiede ri-flessione, il bisogno di calarsi nella realtà contraddittoria. Ciò che osserviamo, invece, è l’evidenza di una grave incomprensione: le derive peggiori sono dietro l’angolo.