Autonomia europea nel quadro transatlantico – European autonomy in the Transatlantic framework

Rafforzare la cooperazione tra USA ed Europa è l’oggetto di un’analisi di CSIS (Who Should the United States Call in Europe?). A partire dall’assenza di un numero telefonico dell’Europa, Ilke Toygür e Max Bergmann suggeriscono di rafforzare la figura della Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen.

La partnership transatlantica è molto importante, ben considerando la sostanziale differenza tra gli interessi americani e quelli europei. L’Europa è profondamente divisa al suo interno e, come vediamo ogni giorno, ha difficoltà a fare sintesi tra le posizioni spesso divergenti degli Stati membri. Pur apprezzando le doti di leadership di Von der Leyen, l’Europa è a-politica. Non sono in discussione le scelte compiute durante la pandemia, o quelle ‘dinamiche’ in discussione per la questione energetica, ma una unità impossibile se non si immagina un’Europa a ‘geometrie variabili’.

Possiamo esaltare alcune personalità ma non saranno loro a fare dell’Europa un player strategico. L’Europa, o meglio i Paesi che hanno le stesse intenzioni, deve lavorare sul tema dell’ autonomia strategica. Servono alcune scelte fondamentali e il più possibile condivise: difesa e sicurezza, intelligence, politiche sanitarie, catene di approvvigionamento per beni ‘sensibili’, transizione digitale.

Non c’è solo la Russia che, guardando oltre la guerra, potrà cessare di essere un problema solo in un quadro di rinnovata strategia euro-asiatica. Ci sono anche gli USA che lavorano a salvaguardare i propri interessi strategici, particolarmente nell’area del Pacifico.

Bene, dunque, il consolidamento dell’asse transatlantico ma in un quadro più realistico dell’attuale. La voce europea ha bisogno di scelte strategiche intelligenti e creative: e di autonomia.

English version

Strengthening cooperation between the US and Europe is the subject of an analysis by CSIS (Who Should the United States Call in Europe?). Ilke Toygür and Max Bergmann suggest strengthening the figure of the President of the European Commission, Ursula Von der Leyen.

The transatlantic partnership is very important, well considering the substantial difference between American and European interests. Europe is deeply divided internally and, as we see every day, has difficulty synthesising the often divergent positions of the member states. While appreciating Von der Leyen’s leadership skills, Europe is a-political. We share the choices made during the pandemic, or the ‘dynamic’ choices under discussion for the energy issue: in discussion is an impossible unity if we do not imagine a ‘variable geometry’ Europe.

We can exalt certain personalities but they will not make Europe a strategic player. Europe, or rather like-minded countries, must work on the issue of strategic autonomy. We need some fundamental choices that are as shared as possible: defence and security, intelligence, health policies, supply chains for ‘sensitive’ goods, digital transition.

There is not only Russia, which, looking beyond the war, can only cease to be a problem within the framework of a renewed Euro-Asian strategy. There is also the US that is working to safeguard its strategic interests, particularly in the Pacific area.

So the consolidation of the transatlantic axis is good, but in a more realistic framework than the current one. European voice needs intelligent and creative political strategies: and autonomy.

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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