Domenica scorsa in Brasile l’ex presidente di sinistra Luiz Inacio Lula da Silva ha vinto un combattuto ballottaggio presidenziale contro il presidente in carica Jair Bolsonaro. I sostenitori di Bolsonaro sono scesi in piazza per protestare con rabbia contro Lula. Anche se Bolsonaro ha perso, lui e il movimento populista che ha fomentato godono di un notevole sostegno, detengono la maggioranza legislativa e diversi governatorati chiave e rimangono una forza potente nella politica brasiliana. Il successo di Lula arriva sulla scia di un’altra vittoria della sinistra in America Latina, quella di Gustavo Petro in Colombia. Petro promette “pace totale” in Colombia, impegnandosi a dialogare con i movimenti di guerriglia rimasti nel Paese e persino con i narcotrafficanti per riportare la pace nelle campagne dilaniate dalla violenza. Lula e Petro fanno parte di una schiera di nuovi leader di sinistra in tutto il continente che, pur nella loro diversità, sembrano segnare un distacco dalla vecchia sinistra autoritaria alla guida di Cuba, Nicaragua e Venezuela. In un certo senso, la loro ascesa al potere restringe la polarizzazione in America Latina che ha compromesso la cooperazione regionale e potrebbe rinvigorire gli sforzi per risolvere il prolungato stallo politico del Venezuela, frenare la repressione politica del governo di Daniel Ortega in Nicaragua o affrontare il violento collasso di Haiti. In patria, tuttavia, i nuovi leader di sinistra dell’America Latina devono affrontare sfide enormi, con economie stagnanti, forti aumenti del costo della vita e, in alcuni luoghi, una violenza criminale dilagante che alimenta il malcontento di cui i populisti di destra tendono ad approfittare.
America Latina. Cambiamenti nelle leadership e nuove strategie (Crisis Group)
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