Accoglienza aperta alla profezia

Il mondo continua a cambiare, i rapporti di potere si ri-configurano.

Domenico Quirico (La Stampa, L’Occidente distratto dalla guerra lascia il resto del mondo alla Cina, 30 aprile 2023) scrive: I “traditori” rappresentano quattro miliardi di esseri umani, molti sono i malnutriti, i residui della globalizzazione, vittime di una geografia impietosa, di guerre che non hanno scatenato loro, di rapporti internazionali che li scavalcano sempre, dell’ingiustizia del sistema globale. Vittime a cui si presta attenzione solo se ci fanno la cortesia di restar tali, ovvero vittime. Ma tra quelli che non aderiscono, ed è il dato nuovo, ci sono Paesi che hanno un prodotto interno lordo di più di 24 trilioni di dollari, appena al di sotto di quanto possono vantare quelli del G7. Con esplicite volontà di sorpasso. Quelli riuniti nella sigla di Brics, gli emergenti. Si sono fatti golosi e non si accontentano di un posto nel nostro ordine, ci attaccano sul terreno in cui pensavamo di essere intoccabili, l’economia, la moneta, il Mercato. Occidente è un termine impreciso, ma in questo caso diventa un nemico tangibile. E qui a guidare la rivolta, abile regista dietro le quinte, è Pechino. Ci contrappongono una barriera più forte di ideologie e imperialismi: cupidigia e interessi.

Nella situazione descritta da Chirico, si aprono due strade. La prima, che la maggioranza delle classi dirigenti sta percorrendo, è lineare e circolo “vizioso”. Dalle parole dell’informazione mainstream alle decisioni strategiche dei “giudici della storia” prevale l’antagonismo senza se e senza ma, la certezza e l’opportunità dello scontro: il tema è prevalere e vincere, via Ucraina e molto altro. Si tratta, come abbiamo già notato, di una strada molto rischiosa, fatta per separare nella logica di un nuovo ordine che, parlano la demografia e gli interessi economici, non potrà più essere come il precedente. La seconda strada, circolo “virtuoso”, è quella del dialogo dialettico, che privilegiamo e che guarda alla sostenibilità politico-strategica del mondo e dei mondi.

La nostra posizione è molto chiara e, in logica di ricerca complessa, va ribadita guardando nel profondo del dialogo dialettico come opportunità geostrategica per tutti. Lo scontro tra sistemi, il tanto declamato democrazie vs autocrazie, rischia di trasformarsi in un errore non recuperabile. I decenni a-politici che stiamo vivendo dalla caduta del muro di Berlino ai giorni nostri ci mostrano il grande gioco della globalizzazione e l’altrettanto grande gioco della rivoluzione tecnologica dentro la megacrisi de-generativa in atto: che fare, se non competere ma cooperando, sui temi sensibili che, portati all’eccesso, rischiano di raggiungere il risultato fatale (più che finale) per tutti ?

La pace, ma anche la giustizia, come politica significa trasformare la politica stessa. Nel regno planetario del “costituito”, dove non si vede traccia di auto-critica (che si deve chiedere alle democrazie, in alcuni casi fattesi dogma dentro Stati sempre più burocratici) e dove gli autoritarismi (sotto varie gradazioni) rialzano la testa e si saldano (per opportunità o per strategia poco importa), occorre progressivamente de-radicalizzare e de-dogmatizzare. Questo è possibile solo attraverso il dialogo dialettico, primo passaggio di un dialogo che, nell’inter-in-dipendenza, aiuti tutti a guardare oltre il proprio particolare senza sacrificarlo.

In termini più generali, è di grande interesse un passaggio del discorso di papa Francesco al clero nella concattedrale di Santo Stefano a Budapest (28 aprile 2023): Francesco parla di superare il disfattismo catastrofico e il conformismo mondano e, attraverso il discernimento,  di entrare nel nostro tempo con un atteggiamento accogliente, ma anche con uno spirito di profezia. Quindi, con accoglienza aperta alla profezia. Potremmo dire, dal punto di vista complesso, di percorrere l’oltre che già appartiene al nostro presente. Ci vogliono un pensiero ri-pensato e trasformante,  creatività e visione ma, prima di tutto, capacità di mediazione: ciò che manca e che chiamiamo dialogo dialettico.

Riflessioni collegate

La complessità del dialogo (dialettico)

Inter-in-dipendenti

In realtà

Orientarsi

 

 

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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