(Marco Emanuele)
Il destino di ogni popolo ci appartiene. Se si cominciasse a ragionare in questi termini si aprirebbero scenari virtuosi sui futuri dell’umanità e del pianeta.
Si tratta di operare un capovolgimento anzitutto intellettuale. L’oltraggio alla vita, in ogni contesto in cui si esasperano i conflitti e si pratica la guerra (sul campo e ibrida), è molto radicato, fuori da ogni legge morale.
Ogni popolo, nella storia in rapidissima e profondissima trasformazione, ha la responsabilità (diritto/dovere) di vivere dignitosamente la propria storia. Al di là dei governi, delle classi dirigenti (che devono uscire dalla logica del dominio-per-il-dominio) e delle organizzazioni terroristiche (che vanno prevenute ideologicamente e sconfitte), la vita dei popoli deve ritornare al centro del dibattito pubblico: vale per tutti. La dignità come fatto morale e culturale diventa politico: solo così il pensiero si incarna e diventa possibilità concreta, decisione strategica.
Alzare la voce rispetto alla dignità dei popoli significa comprendere le ragioni della loro sicurezza. Ciò che vediamo ogni giorno è inaccettabile laddove tutto sembra poter fare a meno di ogni principio umano e laddove è del tutto evidente il fastidio diffuso per ogni norma di diritto internazionale umanitario: in sua assenza, le relazioni internazionali diventano causa d’instabilità sistemica.
La sicurezza dei popoli non è dissociabile da pace e giustizia. La triade è complessa e deve essere considerata e agita in una visione d’insieme, mai separatamente. La sicurezza non può essere solo contro qualcuno e non può essere pensata in modo auto-referenziale, come accade: pace-giustizia-sicurezza rappresentano la condizione imprescindibile di ogni atto civile. Fuori da questo c’è solo la giungla, null’altro.
Lavorare in questa prospettiva è compito di tutti, nessuno escluso. I parlamenti, i leader religiosi, gli intellettuali e gli operatori dell’informazione hanno un ruolo particolare perché sono chiamati a pensare la storia, e a comunicarla, fuori dalle radicalizzazioni reciproche, operando incessantemente per il progressivo abbandono della non-cultura (tattica) della contrapposizione, della frammentazione e della radicalizzazione e per l’accoglimento della cultura (strategia) dell’unità, del confronto, del dialogo. I governi dovranno seguire il processo di rinnovata consapevolezza di nuove strategie nella grande trasformazione.
Il lavoro è lunghissimo ma siamo giunti a un punto di non-ritorno. L’uomo, capace di superare i propri limiti attraverso la rivoluzione tecnologica in atto, rischia di ritrovarsi disumano, incapace di umanità.
(English version)
The destiny of every people belongs to us. If we began to think in these terms, virtuous scenarios would open up for the future of humanity and the planet.
This requires an intellectual reversal first and foremost. The outrage against life, in every context where conflicts are exacerbated and war is waged (on the battlefield and in hybrid forms), is deeply rooted and beyond any moral law.
Every people, in a history of rapid and profound transformation, has the responsibility (right/duty) to live its history with dignity. Beyond governments, ruling classes (which must abandon the logic of domination for domination’s sake) and terrorist organisations (which must be ideologically prevented and defeated), the lives of peoples must return to the centre of public debate: this applies to everyone. Dignity as a moral and cultural fact becomes political: only in this way does thought become embodied and become a concrete possibility, a strategic decision.
Raising one’s voice in defence of the dignity of peoples means understanding the reasons for their security. What we see every day is unacceptable, where everything seems to be able to do without any human principle and where there is widespread annoyance at every rule of international humanitarian law: in its absence, international relations become a cause of systemic instability.
The security of peoples cannot be dissociated from peace and justice. The triad is complex and must be considered and acted upon as a whole, never separately. Security cannot be only against someone and cannot be thought of in a self-referential way, as is the case: peace-justice-security represent the essential condition of every civil act. Outside of this there is only the jungle, nothing else.
Working towards this goal is everyone’s responsibility, without exception. Parliaments, religious leaders, intellectuals and information operators have a special role to play because they are called upon to think about history and communicate it, outside of mutual radicalisation, working tirelessly for the progressive abandonment of the (tactical) non-culture of opposition, fragmentation and radicalisation and for the acceptance of the (strategic) culture of unity, confrontation and dialogue. Governments will have to follow the process of renewed awareness of new strategies in the great transformation.
The work is very long, but we have reached a point of no return. Man, capable of overcoming his own limitations through the technological revolution underway, risks finding himself inhuman, incapable of humanity.