Non da oggi, ma oggi in maniera pressoché strutturale, la violenza appartiene alla condizione onlife nella quale siamo immersi. La dimensione fisica e quella digitale costituiscono e costruiscono l’unica realtà che viviamo.
Se navighiamo nel mondo con vero realismo, al di là della logica lineare e della superficialità dominanti e con pensiero complesso, ci rendiamo conto che la violenza non risparmia alcuno degli ambiti delle nostre vite personali e della convivenza.
I discorsi di odio sono l’alimento del bullismo geopolitico che ci attraversa. Tale bullismo riguarda: certi leader che parlano direttamente con i popoli, saltando la mediazione democratica (popoli che, peraltro, sono sempre più confusi e disorientati dalla misinformazione e dalla disinformazione); l’idea che i problemi planetari possano avere soluzioni semplicistiche e nazionali; l’attacco ormai evidente a ogni forma di multilateralismo; l’approccio alle guerre, ai conflitti e alla pace che si caratterizza per sensazionalismi e logica del fare-per-il-fare; un capitalismo selvaggio (diventato governo …) che ritorna nella dichiarata, da alcune parti, lotta alle regole per privilegiare gli spiriti animali. Ultimo, ma non ultimo, il bulliismo geopolitico peggiora le già esistenti separazioni tra differenti umani e non percorre le esperienze vitali delle comunità umane, mantenendo spalancata la porta dell’esclusione reciproca.
Scrivere di moderazione come necessità geostrategica significa capovolgere il modello del bullismo geopolitico. Significa partecipare ai processi di democrazia in-compiuta (in perenne compimento); significa re-immaginare il quadro multilaterale; significa non dividerci tra asse del bene e asse del male, certamente contrastando quest’ultimo; significa, in sostanza, credere che il mondo sia la nostra patria e, in quanto tale, da vivere responsabilmente.
(English version)
Not just today, but today in an almost structural way, violence belongs to the condition onlife in which we are immersed. The physical and the digital dimensions constitute and construct the only reality we live in.
If we navigate the world with true realism, beyond the dominant linear logic and superficiality, and with complex thought, we realise that violence spares none of the areas of our personal lives and coexistence.
Hate speech is the fuel for the geopolitical bullying that is going on. This bullying involves: certain leaders who speak directly to the people, bypassing democratic mediation (people who, moreover, are increasingly confused and disoriented by misinformation and disinformation); the idea that planetary problems can have simplistic and national solutions; the now evident attack on any form of multilateralism; the approach to wars, conflicts and peace that is characterised by sensationalism and a logic of doing-for-doing; a savage capitalism (becoming the government …) that returns in the declared, by some, fight against rules to privilege animal spirits. Last but not least, geopolitical bullying worsens the already existing divisions between different humans and does not take into account the vital experiences of human communities, keeping the door to mutual exclusion wide open.
Writing about moderation as a geostrategic necessity means reversing the model of geopolitical bullying. It means participating in the processes of un-finished democracy (in perpetual completion); it means re-imagining the multilateral framework; it means not dividing ourselves between the axis of good and the axis of evil, certainly opposing the latter; it means, in essence, believing that the world is our homeland and, as such, to be lived responsibly.
Critica alla ‘democrazia compiuta’ – The nonsense of ‘accomplished democracy’ | The Global Eye
Per un multilateralismo riformato – For a reformed multilateralism | The Global Eye
Lo svuotamento democratico – Democratic emptying | The Global Eye