La policrisi ci attraversa. La violenza si esprime e dilaga sotto diverse forme ma la Politica, qui intesa nel senso di arte nobile di mediazione e visione (per questo scritta in maiuscolo), latita.
La violenza non è solo negli atti ma, prima di tutto, nel linguaggio. In giro si sente esasperazione della competizione, come se le diverse posizioni fossero Verità irrinunciabili e indiscutibili. Certo la società digitale ha reso tutto più immediato, meno pensato, fatto di necessità imminenti: lo sfogo vince sulla riflessione.
Ebbene, qui non si vuole generalizzare né portare scenari di pessimismo fine a se stesso. Nel tempo del ritorno della guerra, o in quella che sembra essere l’era della non-pace, alcune voci evocano il bisogno di nuovi percorsi di dialogo. Ma, anche qui, con quale linguaggio ? Gli appelli morali, quelli che vorrebbero toccare le coscienze, non bastano più.
Mentre i più giovani cercano ragioni d’impegno, noi più adulti – laddove non troppo compromessi e dunque non più credibili – dovremmo cercare di adattare ai tempi che viviamo alcune straordinarie lezioni dei tempi andati.
L’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando ogni cosa: non a caso alcuni parlano di ‘rivoluzione tecnologica’. Trasformando, non cambiando. Ed è proprio con l’IA che sorgono altre domande, dubbi, che si disegnano orizzonti fino a ora sconosciuti.
Dubbio ci sembra una parola chiave. Ancora, infatti, le classi dirigenti usano parole di certezza assoluta, logiche da amico-nemico, sostanziale negazione della complessità. Ed è proprio questa, a nostra valutazione, una delle ragioni di una violenza che sembra sovrastarci. Le certezze vanno progressivamente de-costruite e, nell’interesse dell’umanità e del pianeta, ri-composte in un dibattito pubblico che cerchi forme di comunicazione e di azione davvero politiche. Il resto è guerra, combattuta in vari modi. Anche dentro di noi.
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