(Carlo Rebecchi)
Europa, il successo o l’insuccesso del governo Meloni può condizionare le prospettive dei sovranisti in Europa
Il comizio a Firenze del raggruppamento “Identità e democrazia” dei partiti della destra radicale nazionalista nel Parlamento di Strasburgo ha messo l’accento su uno dei pochi punti fermi del panorama politico europeo: ha confermato la “crescita” dell’ “ondata nazionalista”, come la definiscono numerosi osservatori non necessariamente di sinistra, che sarebbe destinata a scalzare, nelle “europee” del prossimo giugno, l’ attuale maggioranza dei partiti di centrosinistra. E questo in un quadro globale nel quale lo spostamento di scelte popolari che non riguarda soltanto il Vecchio Continente ma, in varie forme e diverso peso, sta avvenendo anche altrove, vedi l’Argentina, dopo essere transitato alla Casa Bianca con Donald Trump.
“Free Europe” era il nome dell’evento organizzato dalla Lega di Matteo Salvini a Firenze, ed il contenuto delle due ore di interventi è stato secondo copione: slogan e invettive contro l’ “Europa dei banchieri” e della “burocrazia massonica”, contro gli immigrati, contro la sinistra e il politicamente corretto, anti-ecologisti e anti-femministi, anche se l’assenza della francese Marine Le Pen e soprattutto dell’ olandese Gert Wilders, recente inatteso vincitore sul conservatore Rutte, ha reso il comizio meno “smart”. Abbastanza vivace, comunque, per alzare i toni preelettorali della destra nel tentativo di “condizionare” Giorgia Meloni in vista delle scadenze europee su temi come l’immigrazione, il MES cioè il fondo Salva Stati, in parte il PNRR.
Sul piano nazionale, i sovranisti italiani, cioè la Lega, vorrebbero spingere la premier a recuperare il linguaggio forte della campagna elettorale delle ultime politiche che ha consentito al centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia) di vincere, spingendola ad abbandonare la linea del dialogo pragmatico, e fino ad oggi abbastanza costruttivo adottata da Giorgia con Bruxelles su molti dei temi sul tappeto. L’impressione degli analisti è che Meloni preferirà “obtorto collo” mantenere buoni rapporti con Bruxelles, dicendo alla fine “si” al MES (un consiglio Ecofin straordinario è in programma già questa settimana per l’intesa finale) e trovando un’intesa sui migranti e sul PNRR.
Le probabili scelte moderate (in contrasto con le promesse elettorali fatte a suo tempo) avrebbero come conseguenza diretta di mettere in difficoltà i sovranisti europei di “Identità e democrazia” in vista delle elezioni del prossimo giugno, ma renderanno più agevole l’azione di Meloni per concludere positivamente una serie di intese con Bruxelles. I sondaggi del resto continuano a premiare Fratelli d’Italia, ormai stabile attorno al 30% delle preferenze elettorali in Italia. Quanto all’Europa, un sondaggio Euractiv di alcuni giorni fa mostra che alle prossime “europee” la destra avanzerebbe in ogni caso, passando da 60 a 87 seggi.
Una destra, secondo il professore Pietro Ichino, che non è più l’espressione di una borghesia “spaventata di fronte al comunismo”. “I nuovi partiti di estrema destra, afferma Ichino, “sono figli della società contemporanea e dei suoi problemi, esprimono insofferenza verso alcuni aspetti della modernità (come il pluralismo culturale) ma ne enfatizzano altri (come il mercato, l’individualismo). Raccolgono consensi trasversali, esercitando una forte attrazione fra i ceti popolari, perché danno risposte in termini di valori e di identità più che di interessi”.
Il fenomeno è stato studiato anche dall’ex premier italiano, e presidente della Commissione di Bruxelles, Romano Prodi. Il quale prende atto della “crescita fortissima degli estremismi” non solo in Olanda, ma anche in Spagna e in Polonia, e afferma, deluso, che “ci sono Paesi che vogliono paralizzare l’Europa mentre, tenuto conto della situazione internazionale critica, con due guerre in atto, c’è bisogno soprattutto di unità”.
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