Le sfide per l’Argentina di Javier Milei

(Carlo Rebecchi)

L’Argentina dal peronismo all’ultraliberismo e, forse, verso un nuovo equilibrio geopolitico

“Aspettiamo di vedere cosa farà”. Questa la cauta risposta che commentatori politici, analisti e diplomatici hanno dato in queste ore a chi ha chiesto un giudizio su quale potrà essere l’Argentina guidata dal 10 dicembre prossimo dal neo presidente Javier Milei, che ha conquistato nel ballottaggio di ieri la Casa Rosada sconfiggendo con il 56,75 per cento dei voti e undici punti di vantaggio il peronista Sergio Massa, ex ministro dell’economia. Milei è un’incognita non perché non abbia detto quello che vuol fare, ma perché il suo programma appare difficilmente realizzabile ai più. Tra le poche eccezioni Donald Trump.. «Sono molto orgoglioso di te — ha scritto l’ex presidente degli Stati Uniti in un messaggio di incitamento a Milei – Cambierai completamente il tuo Paese e renderai l’Argentina di nuovo grande».

Proprio questo è l’impegno che Milei – 53 anni, da tre anni in politica con l’etichetta di ultraliberista alla guida di “La Libertad Avanza” – ha ribadito nella sua prima dichiarazione pubblica da presidente eletto: «Agli argentini dico: oggi comincia la ricostruzione dell’Argentina e la fine della decadenza, oggi finisce il modello impoveritore dello Stato onnipresente che beneficia solo alcuni mentre la maggioranza soffre, oggi finisce l’idea che lo Stato è un bottino da ripartire fra i politici e i loro amici, oggi torniamo ad abbracciare il modello della libertà per tornare ad essere una potenza mondiale». Rivolto “a tutti quelli che ci guardano dall’estero, dico – ha proseguito – che l’Argentina tornerà ad occupare il posto nel mondo che mai avrebbe dovuto perdere. Lavoreremo fianco a fianco con tutte le nazioni del mondo libero”.

Se manterrà le promesse elettorali, Milei – economista anti-sistema diventato famoso nei talk-show televisivi che ha promesso di “distruggere a colpi di motosega la Casta peronista”, che propone di vietare l’aborto e di rendere più facile la vendita di armi – dovrà affrontare con misure draconiane gli enormi problemi economici: inflazione al 142 per cento, debito pubblico da 419 miliardi di dollari, riserve monetarie scarse e un durissimo negoziato con il Fondo Monetario cui l’Argentina deve 44 miliardi di dollari. Il neopresidente ha annunciato di voler privatizzare gran parte delle industrie di Stato, smantellare la Banca Centrale colpevole di “alimentare l’inflazione”, ridurre a otto il numero dei ministeri e sostituire il “peso” con il dollaro. “Niente gradualismi e mezze misure. Se non interveniamo in fretta precipiteremo nella peggiore crisi della nostra storia.”.

Il successo di Milei è stato possibile perché gli elettori del partito peronista, escluso dal ballottaggio, hanno fatto confluire su di lui i loro voti. Una delle incognite, ora, è se questo sostegno rimarrà tale quando, nella realizzazione del suo programma di lacrime e sangue per riportare a galla l’economia, il nuovo presidente andrà inevitabilmente a colpire anche i molti peronisti che lo hanno votato.

Il voto peronista pro-Milei non è stato per convinzione ma, ha spiegato a “Le Monde” uno degli editorialisti del quotidiano argentino “La Nacion” , Carlos Pagni, “è stato un modo per esprimere la frustrazione a fronte di una realtà economica, politica e sociale in costante peggioramento da anni e non più sopportabile”. Per Lara Goyburu, dell’Università di Buenos Aires, “ci si può attendere una grande conflittualità sociale data la probabile mobilitazione dei sindacati e delle altre organizzazioni sociali. A meno – ha aggiunto sempre a Le Monde – che Milei non scelga la repressione per imporre le sue riforme”.

Il cambiamento alla guida dell’Argentina non potrà non avere conseguenze, anche se ancora tutte da valutare, sul piano geopolitico. Milei ha sempre affermato di guardare principalmente a due Paesi, gli Stati Uniti e Israele. Il precedente governo peronista aveva invece stabilito rapporti con i BRICS, il blocco di economie antagoniste al G7 che fa riferimento a Cina e Russia per la costruzione di un mondo multipolare. E i BRICS hanno recentemente annunciato l’ingresso di nuovi Paesi tra cui l’ Argentina. Ora che alla Casa Rosada c’è Milei, per l’Argentina le cose però potrebbero cambiare.

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Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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