La complessità dell’iceberg e la nostra resilienza / The complexity of the iceberg and our resilience

(Marco Emanuele)

Re-istituire il pensiero. Da qualche parte bisogna cominciare perché gli attuali ‘tempi bui’ lo impongono.

Il terzo millennio ci mette di fronte a una infinità di nodi fondamentali da sciogliere: il nostro approccio complesso guarda dentro la resistenza (non resiliente) del ‘costituito’ in competizione con la fluidità e la velocità dei processi storici. Processi che, a cominciare dall’innovazione tecnologica, non hanno confini e viaggiano liberi, stante anche l’incapacità del ‘costituito’ di regolamentarli.

Scriviamo ‘costituito’ e, naturalmente, pensiamo allo Stato. Tutti viviamo dentro allo Stato e ne riconosciamo la ‘costituzione istituzionale’: dovremmo sentirci protetti all’interno dei suoi confini, sicuri e sovrani. In qualche modo, viviamo la certezza dello Stato.

Sappiamo, altresì, che quei confini sono continuamente resi porosi (dunque, problematizzati) dall’esistenza di una ‘policrisi planetaria’ o, per dirla in altro modo, dalle sfide planetarie che ci superano. Cambiamenti climatici, migrazioni forzate, disuguaglianze, pandemie, povertà muldimensionale, violenza come ‘male banale’, e quant’altro, agiscono sulla nostra tranquillità e mettono in discussione la nostra certezza dello Stato.

Un primo corto circuito è evidente. Mentre, negli ultimi decenni, ci siamo illusi (e, in buona parte, auto-ingannati) che bastasse dire ‘società aperta’ per vivere meglio nel mondo globalizzato, oggi ci troviamo vittime delle nostre stesse convinzioni. Diciamo questo ben sapendo che, grazie alla fase della globalizzazione avviata dopo la fine dell’Unione Sovietica, milioni di persone nel mondo hanno migliorato la propria condizione esistenziale: ma, con altrettanto realismo, dobbiamo soffermarci sulle zone d’ombra della stessa globalizzazione.

Avere il mondo in casa, fiume in piena, senza mediazioni, ha avuto l’effetto di un’alluvione: le nostre case (il ‘costituito’) sono state travolte dai processi storici planetari (l’acqua incontrollabile, i fenomeni naturali estremi) e ci troviamo senza difese. Passare dal ‘costituito’ al ‘re-istituito’ significa domandarci come rendere resilienti le nostre case (da ri-progettare).

Ma non si tratta, per quanto ovvio, di trovare soluzioni solo tecniche, ingegneristiche. Chi si occupa di pensiero complesso sa perfettamente che il passaggio dal ‘costituito’ al ‘re-istituito’ è questione di ‘metanoia’, di profonda trasformazione e non, come vorrebbero farci credere gli alfieri della persistenza di un pensiero lineare ‘adattato’ ai tempi, di semplicistico cambiamento. Non ci interessa, infatti, la parte dell’iceberg che vediamo, e dalla quale possiamo proteggerci: è l’altro iceberg, quello sott’acqua che ancora non vediamo, il rischio che dovrebbe imporci un radicale cambio di passo.

(English version)

Re-establishing thinking. We have to start somewhere because the current ‘dark times’ require it.

The third millennium presents us with an infinity of fundamental issues to resolve: our complex approach looks into the (non-resilient) resistance of the ‘constituted’ in competition with the fluidity and speed of historical processes. Processes which, starting with technological innovation, have no borders and travel freely, also given the inability of the ‘constituted’ to regulate them.

We write ‘constituted’ and, naturally, we think of the State. We all live within the State and recognize its ‘institutional constitution’: we should feel protected within its borders, safe and sovereign. In some way, we experience the certainty of the State.

We also know that those borders are continually made porous (therefore, problematized) by the existence of a ‘planetary polycrisis’ or, to put it another way, by the planetary challenges that overtake us. Climate change, forced migrations, inequalities, pandemics, multidimensional poverty, violence as a ‘banal evil’, and so on, affect our tranquility and call into question our certainty of the State.

A first short circuit is evident. While, in recent decades, we have deluded ourselves (and, to a large extent, self-deceived) that it was enough to say ‘open society’ to live better in the globalized world, today we find ourselves victims of our own beliefs. We say this knowing well that, thanks to the phase of globalization that began after the end of the Soviet Union, millions of people around the world have improved their existential conditions: but, with equal realism, we must focus on the gray areas of globalization itself.

Having the world at home, a river in flood, without mediation, had the effect of a flood: our homes (the ‘constituted’) were overwhelmed by planetary historical processes (uncontrollable water, extreme natural phenomena) and we find ourselves defenseless. Moving from ‘constituted’ to ‘re-instituted’ means asking ourselves how to make our homes resilient (to be re-designed).

But it is not a question, however obvious, of finding only technical, engineering solutions. Those who deal with complex thought know perfectly that the passage from the ‘constituted’ to the ‘re-instituted’ is a question of ‘metanoia’, of profound transformation and not, as the standard-bearers of the persistence of linear thinking ‘adapted’ to times said, of simplistic change. In fact, we are not interested in the part of the iceberg that we see, and from which we can protect ourselves: it is the other iceberg, the one under water that we do not yet see, the risk that should impose a radical change of pace on us.

(riproduzione autorizzata citando la fonte – reproduction authorized citing the source)

 

 

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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