(Marco Emanuele)
Condividiamo i contenuti dell’analista strategico Enrico Savio, nel libro ‘Principi attivi di strategia’ (Rubbettino 2022), laddove invita ciascuno di noi a farsi stratega attraverso la volontà. A una condizione: che la nostra volontà incontri la complessità che siamo e che generiamo nella realtà che ci circonda.
Se la volontà, esercizio rigoroso come ricordato nel titolo di questa breve nota, non si cala nella realtà-che-è, può regalarci (danneggiandoci) pericolosi auto-inganni dei quali può essere difficile liberarsi. Perché, quando si parla di rischio, spesso si trascura che esso nasce dentro di noi.
I rischi del mancato processo di conoscenza di noi, autoconoscenza che si congiunge con la necessità di autocritica, riguardano anzitutto la nostra parte misteriosa, quell’imprevedibilità che troppo spesso neghiamo in ragione della certezza lineare: un mistero che non si vede ma c’è, nel profondo della nostra natura. Motivo per cui, con realismo complesso, per fare strategie nella realtà occorre considerare i rischi evidenti ed emergenti come parte indispensabile del pensiero strategico. Soprattutto nel mondo di oggi, il tema fa la differenza.
Quando diciamo ‘policrisi’, infatti, ci riferiamo al complesso delle crisi de-generative che impattano sul nostro esercizio di volontà che, se portato avanti secondo complessità, ci dice che nulla è separato dal resto e che, al di là del pensiero lineare, ciò che ancora non si vede (opportunità, minacce, rischi) è già parte del nostro presente.
Ci vuole strategia, a partire da una volontà che non si accontenti più di certezze consolidate. Se il mondo vive una grande trasformazione è perché ciascuno di noi la vive e perché abbiamo la possibilità di essere soggetto trasformante: attraverso la strategia, con volontà, nella complessità.
(English version)
We share the contents of the strategic analyst Enrico Savio, in his book ‘Principi attivi di strategia’ (Rubbettino 2022), where he invites each of us to become a strategist through our will. On one condition: that our will meets the complexity that we are and that we generate in the reality that surrounds us.
If the will, a rigorous exercise as recalled in the title of this brief note, does not immerse itself in the reality-that-is, it can give us (damaging us) dangerous self-deceptions from which it may be difficult to free. When we speak of risk, we often overlook the fact that it is born within us.
The risks of not knowing ourselves, a self-knowledge that goes hand in hand with the need for self-criticism, concern first and foremost our mysterious side, that unpredictability that we all too often deny because of linear certainty: a mystery that cannot be seen but is there, deep within our nature. That is why, with complex realism, to strategise in reality, we must consider the obvious and emerging risks as an indispensable part of strategic thinking. Especially in today’s world, it makes all the difference.
When we say ‘polycrisis’, in fact, we are referring to the complex of de-generative crises that impact on our exercise of will, which, if carried out according to complexity, tells us that nothing is separate from the rest and that, beyond linear thinking, what we cannot yet see (opportunities, threats, risks) is already part of our present.
We need strategy, starting with a will that is no longer satisfied with established certainties. If the world is undergoing a great transformation, it is because each of us is experiencing it and because we have the possibility of being a transforming subject: through strategy, with will, in complexity.
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