Le migrazioni non sono un problema come gli altri – Migrations are not a problem like any other

Nessuno stupore. Le ricostruzioni della tragedia di Curto sono entrate nell’agone partitico. Ed è male per l’Italia, quando non si vede la politica all’orizzonte.

Per una volta, solo per una volta, avremmo voluto sentire frasi diverse: preso atto che qualcosa non ha funzionato nella catena di comando (non certo, crediamo, per dolo di qualcuno), è venuto il momento di stringerci tutti intorno alle vittime e di condividere le parole di Papa Francesco che, amato a seconda delle convenienze di giornata, si è pronunciato contro i trafficanti di morte ma anche a favore dell’abbraccio solidale all’umanità che soffre (il che non significa che l’Italia debba accogliere tutti i migranti).

Di fronte al tema epocale e strutturale delle migrazioni, con buona pace di vecchi giornalisti che in terza età si esercitano al macabro gioco dell’ironia feroce, il dialogo strutturale tra Italia ed Europa è mediocre e disarmante. Le migrazioni, infatti, non sono un problema come gli altri, un sfida qualunque: esse, infatti, ci danno la temperatura della insostenibilità politico-strategica del mondo e dei mondi.

E’ chiaro che una sfida così grande non può essere affrontata dai singoli Stati. Ci vuole almeno il livello europeo, tanto evocato da più parti: di un’ Europa che, però, rischia di essere ancora una volta in ritardo rispetto alla storia. Il Vecchio Continente non ha investito progettualmente sulla sua bussola geostrategica, sul capire politicamente la sua vera prospettiva: a Sud, nel Mediterraneo “allargato”, in Africa.

Se davvero Roma vuole fare i suoi interessi nazionali, l’indirizzo a cui rivolgersi è a Bruxelles. E, sempre per fare i suoi interessi nazionali, Roma deve lavorare con i Paesi che condividono la prospettiva europea a sud. Perché, diciamolo con franchezza e realismo, noi non andremo a prendere nessuno a casa sua e il benemerito Piano Mattei ha tempi lunghi, se non lunghissimi. Altrettanto, le migrazioni come spia d’insostenibilità ci dicono che le guerre, i regimi violenti. i cambiamenti climatici, i dislivelli demografici e le disuguaglianze non favoriranno un rallentamento delle migrazioni “costrette”. Urge governo politico del fenomeno (Stati nazionali con Europa e ONU) nella capacità di capire e di affrontare la complessità del tempo che viviamo.

(English version)

No astonishment. The reconstructions of the Curto tragedy have entered the party agon. And it’s bad for Italy when there is no politics on the horizon.

For once, just for once, we would have liked to hear different phrases: having acknowledged that something did not work in the chain of command (certainly not, we believe, due to anyone’s malice), the time has come for all of us to rally around the victims and to share the words of Pope Francis, who, beloved according to the convenience of the day, has spoken out against the death traffickers but also in favour of embracing humanity in solidarity with those who suffer (which does not mean that Italy must welcome all migrants).

Faced with the epochal and structural issue of migrations, with all due respect to old journalists who practice the macabre game of vicious irony, the structural dialogue between Italy and Europe is mediocre and disarming. Migrations, in fact, are not a problem like any other, an ordinary challenge: they give us the temperature of the political-strategic unsustainability of the world and worlds.

It is clear that such a great challenge cannot be tackled by individual States. What is needed is at least the European level, so much evoked by many: a Europe that, however, risks once again falling behind history. The Old Continent has not invested in planning its geostrategic compass, in politically understanding its true perspective: to the South, in the ‘enlarged’ Mediterranean, in Africa.

If Rome really wants to serve its national interests, the address to turn to is Brussels. And, again to serve its national interests, Rome must work with the countries that share the European perspective to the south. Because, let’s face it frankly and realistically, we are not going to pick anyone up at home and the well-deserved Mattei Plan has a long, if not very long, timeframe. Equally, migrations as a tell-tale sign of unsustainability tells us that wars, violent regimes, climate change, demographic imbalances and inequalities will not favour a slowdown in ‘forced’ migrations. There is an urgent need for political government of the phenomenon (nation States with Europe and the UN) in the ability to understand and deal with the complexity of the times we live in.

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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